Pay tv europee a una svolta, prezzi giù: il rischio di una spirale al ribasso

Nei giorni scorsi Mediaset Premium ha varato un taglio dei costi dei propri abbonamenti. Una strategia non nuova per far fronte al mancato incremento del numero di abbonati.

Ma Premium non…

Lazio - Bologna

Nei giorni scorsi Mediaset Premium ha varato un taglio dei costi dei propri abbonamenti. Una strategia non nuova per far fronte al mancato incremento del numero di abbonati.

Ma Premium non è sola. Anche Vivendi in Francia ha dovuto rivoluzionare l’offerta, come analizza Andrea Montanari in un ampio pezzo di scenario pubblicato nei giorni scorsi dal quotidiano economico MilanoFinanza.

La nuova offerta low cost di Vivendi in francia porta da 40 a 19,90 euro al mese Canal+.

Del resto l’emittente perde soldi (100 milioni nel primo semestre di quest’anno) e soprattutto clienti (300 mila) e ha lanciato un piano di ristrutturazione da 300 milioni.

L’obiettivo dichiarato è quello di raddoppiare i clienti.

In attesa di capire cosa sarà dell’accordo commerciale – stoppato dalle autorità di mercato transalpine – tra Canal+ e BeIn Sports.

Quest’ultimo è legato a Al Jazeera e non sta economicamente meglio: quest’anno potrebbe perdere tra 250 e 350 milioni di euro.

In Italia come detto Mediaset Premium ha portato l’offerta da 20 a 15 euro al mese e quella più completa da 39 a 30 euro.

Da anni il bacino d’utenza è fermo a 2 milioni di clienti, e la Champions League non ha spostato l’asse.

Nel frattempo i due gruppi (Vivendi e Mediaset) sono in tribunale in seguito ai patti estivi non rispettati del gruppo francese.

Ma non hanno scelta, devono trovare una soluzione, che pare l’unica via percorribile, altrimenti l’ingresso in scena di Sky, Antitrust permettendo, farebbe sparire Premium, inglobandola.

Nel frattempo proprio Sky sta ripartendo: +4% i ricavi, 4,76 milioni gli abbonati.

La strategia punta anche su altri sport oltre al calcio (basket e motori in particolare) e ha incrementato la produzione di serie tv originali e ha definito anche la costituzione di una società di distribuzione cinematografica con alcuni player indipendenti del mercato.

Sky Plc continua a macinare ricavi, margini e clienti su scala europea e ora può contare su un bacino di 21,83 milioni di abbonati.

Anche perché in Germania, Paese nel quale è molto radicata la tv via cavo, non ha rivali, e nel Regno Unito deve guardarsi le spalle dal tentativo di erosione di quote di mercato di British Telecom che ha investito 2 miliardi di sterline per entrare nel business del calcio in tv, comprando una parte minoritaria dei diritti della Premier League.

La politica di dumping sui prezzi (e che in Italia segue quella fatta anni fa dalla Rai sul costo degli spot che ha provocato la dura reazione degli altri broadcaster) rischia di innescare una spirale al ribasso che non giova a chi poi deve investire centinaia di milioni, se non miliardi, nell’acquisto di diritti e programmi televisivi.

Anche perché, abbassando sempre più la soglia delle offerte, si assottigliano anche i margini di contribuzione e l’arpu (average revenue per user) che è poi la cartina di tornasole dello stato di salute di una pay tv e soprattutto il metro per valutare la spesa da destinare allo sviluppo industriale.

 

La battaglia all’ultima offerta non è che all’inizio.

Nel frattempo, i vari network televisivi devono fare attenzione alle mosse dell’over-the-top americano Netflix, che però in Europa fatica a sfondare.