Tifosi in piedi, tifo più caldo: la nuova sfida architettonica negli stadi europei

In un momento storico in cui il nostro calcio fa i conti con basse affluenze di pubblico e stadi da ripensare – soprattutto nel modo di essere gestiti…

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In un momento storico in cui il nostro calcio fa i conti con basse affluenze di pubblico e stadi da ripensare – soprattutto nel modo di essere gestiti – in Europa si lavora per un futuro ancor più a misura di tifoso.

Non si tratta di “Europa a due velocità”, come sentiamo dire in altri ambiti, ma piuttosto di “due tempi (molto) diversi”.

Ma è qualcosa di cui sicuramente anche in Italia, con molte società alle prese con il rinnovamento o la totale ricostruzione dei loro stadi, bisognerà tener conto.

Se per noi il problema principale è come riportare gente allo stadio, in Germania – e ora in Inghilterra – la questione fondamentale è come far stare meglio chi già ci va, allo stadio.

E la soluzione sembra ormai convincere tutti: reintrodurre le “standing area” nelle gradinate e tornare a guardare la partita in piedi.

 

Dopo vent’anni di forte impegno internazionale nella direzione opposta, la forza di quest’idea sta nella sua modernità.

I nuovi settori sono pensati principalmente con un occhio alla sicurezza. Nessuno vuole riproporre le “terraces” che hanno tristemente segnato gli anni ’80 del calcio, così tranquille se tutti si comportano normalmente (la mia esperienza in curva al vecchio Lansdowne Road di Dublino mi ha lasciato solo ricordi positivi) ma, allo stesso tempo, trappole improvvise in caso di problemi.

L’idea è, invece, ridare voce ai tifosi, ricreare un senso di partecipazione altrimenti mediamente annacquato dallo “spettacolo” moderno del calcio.

In Germania, ma anche in Svezia e Austria, la realtà dei settori con posti in piedi è presente da tempo.

Tecnicamente esistono soluzioni più tradizionali, come al Rewirpowerstadion di Bochum dove, banalmente, i seggiolini vengono smontati e rimontati all’occorrenza al posto delle barriere anti-schiacciamento, e viceversa. O soluzioni più intriganti, come ad Amburgo e Stoccarda, dove i seggiolini sono a scomparsa orizzontale all’interno dei gradini della tribuna.

Il caso più eclatante, però, anche per le dimensioni proposte, è quello del Westfalenstadion del Borussia Dortmund, dove la famosa SüdTribune è totalmente in versione “standing” per tutte le partite nazionali (nelle competizioni UEFA/FIFA, invece, vengono inseriti i seggiolini come da regolamenti internazionali).

 

Quello dei gialloneri è un caso relativamente sui generis, comunque, figlio di una scelta mai in discussione negli anni. La Gradinata Sud è sempre stata a posti in piedi (e dalla stagione 2015/2016, anzi, sono stati aggiunti anche nuovi settori in Gradinata Nord) e, infatti, troviamo due diverse scelte tecnologiche.

La parte bassa della tribuna è nella classica versione “terrace”, con le barriere anti-schiacciamento che ricordano altre epoche del pallone; la parte alta, invece, è stata implementata con quello che è il modello attuale di riferimento, il “rail seating”, ovvero le file di seggiolini richiudibili abbinati a una struttura tubolare.

Due in uno, quindi. Questa è l’attuale soluzione che si sta facendo strada nei progetti dei Club europei e che va a combinare al meglio la “libertà” del tifoso con le leggi introdotte nel calcio a inizio anni ’90.

Un sistema integrato fra il seggiolino, richiudibile, e il sostegno superiore che – installato “a file”, appunto – permette agli spettatori di scegliere se restare seduti o alzarsi in piedi e appoggiarsi al mancorrente davanti, mantenendo intatti gli standard di sicurezza dell’impianto.

Inoltre, grazie a un meccanismo di bloccaggio interno, i seggiolini possono essere mantenuti aperti in occasione delle partite europee che lo richiedono per regolamento.

Anche il mondo del calcio britannico sta iniziando ad accettare l’idea che un tentativo, in questa direzione, vada fatto.

Dal 2014, con il primo settore (molto piccolo) installato all’Ashton Gate di Bristol (utilizzato però solo nelle partite di rugby), si è arrivati all’estate di quest’anno, con un intero settore di curva a Celtic Park (nella foto) riorganizzato col sistema “rail seating”.

Un lavoro – costato circa 500.000£ – di sostituzione uno-a-uno, con ogni nuovo seggiolino che occupa esattamente lo stesso spazio di quello precedente/tradizionale, per 2.600 posti totali, ma assicura funzionalità e versatilità adatte al calcio attuale.

La spinta mediatica verso quest’innovazione è sempre più forte ed è qui che il rapporto Club-tifosi, in certi Paesi, si dimostra diretto e produttivo.

 

Così come il Celtic, che ha lavorato a lungo insieme al proprio pubblico per pianificare al meglio questa decisione (nella foto qui sopra la standing zone di Celtic Park), altre squadre stanno esplorando la possibilità.

È il caso del Brighton che sta pensando a studi preliminari, di concerto con l’opinione dei tifosi – peraltro in un impianto, l’Amex Stadium, inaugurato soltanto 5 anni fa.

E così anche per il Liverpool, forse il Club più di tutti storicamente coinvolto dagli effetti negativi delle “terraces”, dove è stato richiesto all’organo ufficiale di rappresentanza dei tifosi di prendere una posizione sull’efficacia dei nuovi sistemi “rail seating”, chiedendo un parere all’associazione delle famiglie delle vittime di Hillsborough.

 

Le difficoltà sono ancora molte, soprattutto dal punto di vista legislativo.

Se la Scozia non è oggetto delle normative introdotte dal Taylor Report (ecco perché il Celtic ha potuto decidere in tal senso per un settore a posti in piedi), la Premier League e la Championship lo sono e, per ora, i Club inglesi possono solo limitarsi a un’indagine preliminare su costi, fattibilità e opinione dei propri tifosi.

Resta la convinzione, però, che sia davvero arrivato il momento di una nuova svolta per la storia del calcio e degli stadi, guidata soprattutto dalle necessità dei tifosi e dall’attenzione che i Club devono avere nei loro confronti, per continuare a mantenere intatto lo spirito e il modo di vivere questo sport.