Milan, i cinesi hanno pronti 150 mln ma Alibaba ironizza e si sfila

Alibaba Jack Ma ironia Milan Weibo. I cinesi fanno sul serio, Silvio Berlusconi ancora non si sa. Ci sono 150 milioni di motivi messi lì, come garanzia per convincerlo…

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Alibaba Jack Ma ironia Milan Weibo. I cinesi fanno sul serio, Silvio Berlusconi ancora non si sa. Ci sono 150 milioni di motivi messi lì, come garanzia per convincerlo della solidità della cordata cinese che gli siede di fronte e che da oltre un anno è interessata ad acquisire la maggioranza del Milan (il piano: subito il 70% delle quote, con l’idea di arrivare al 100% in un paio di anni e con una valutazione della società attorno ai 700 milioni). Ne scrive oggi il Corriere della sera.

In questo periodo Fininvest sta naturalmente approfondendo il tema delle garanzie: un po’ scottata dalla precedente esperienza con il magnate thailandese Bee Taechaubol, vuole verificare la consistenza dei suoi interlocutori. Che hanno dunque messo 150 milioni a deposito, soldi congelati che però costituiscono una bella iniezione di fiducia per chi deve vendere.

Dubbi sulla serietà dei componenti della cordata quindi non ce ne sono, anche senza la presenza dei big dell’economia cinese, come il proprietario di Alibaba Jack Ma che ieri sul suo account Weibo (il twitter cinese) ha smentito con una certa dose di ironia il suo interessamento al Milan: «Ac Milan? Si trova a Milano in Italia? Io ho sentito che Tyson della Nba è andato a Milano… se all’Ac Milan non so. Ora Yao Ming sarà nei guai».

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L’umorismo cinese non è completamente comprensibile, ma si tratta di un gioco di parole per prendere le distanze dal Milan e sostenere che fatica a distinguere il basket dal calcio. Anche senza Alibaba, però, la cordata cinese che vuole il Milan — e che raccoglie un paio di fondi finanziari — pare degna di fiducia.

Naturalmente anche i cinesi prendono le proprie precauzioni: hanno avviato l’analisi approfondita dei conti del club (piuttosto disastrati, come si sa, con un bilancio consolidato 2015 che prevede una perdita di 89,3 milioni), facendosi consegnare tutti i contratti in essere sia dell’area sportiva, sia di quella commerciale.

Se Berlusconi la prossima settimana deciderà di impegnarsi in una trattativa in via esclusiva, a quel punto inizierà una sorta di governance condivisa, nel senso che ogni mossa del club andrà sottoposta anche al vaglio dei cinesi, che dovranno essere informati di ogni passo e avranno il diritto di veto, per esempio su nuovi contratti, nuovi accordi di sponsorizzazione e ogni altra attività.

C’è però sempre quel «se» iniziale. I cinesi sono determinati, Berlusconi per nulla. È vero che gli umori presidenziali sono piuttosto oscillanti su questo e altri temi, ma le ultime indicazioni raccontano di un Silvio molto perplesso a lasciare. Naturalmente può sempre convincersi, spinto dalla crudezza dei conti (affrontati anche ieri nell’assemblea dei soci e nel successivo cda) e dall’immane impegno (finanziario e non) che servirebbe per rilanciare il Milan. Nonostante le tante certezze esibite, l’esito di questa storia non è affatto scontata.

Quel che è certo è che, comunque vada, il prossimo mercato sarà ancora gestito da Adriano Galliani (seppur con la supervisione del gruppo cinese): anche ammesso che l’esclusiva venga firmata nei tempi previsti (quindi a metà della prossima settimana) poi servirebbe almeno un mese per mettere a punto il contratto preliminare, che definisce ogni dettaglio dell’affare, futura governance compresa. Se si arriverà a quel punto, allora lo storico passaggio di proprietà potrà dirsi fatto, almeno nella sostanza. Ma c’è sempre quel grande «se» iniziale che tormenta i sonni di molti.