Il Comune di Milano ha chiesto ad Inter e Milano oltre 4,7 milioni di euro per vecchie tasse non pagate sui rifiuti dello stadio di San Siro. Secondo quanto rivelato dalle pagine milanesi del Corriere della Sera, la società M-I Stadio (50% Inter 50% Milan) che gestisce lo stadio Giuseppe Meazza è finita nel mirino del Comune per non aver pagato la Tarsu (o non averlo fatto correttamente) per gli anni 2000-2004.
La joint venture tra i due club milanesi si è dunque vista recapitare da Equitalia cartelle esattoriali per 2,83 milioni che sta pagando in 72 rate. Contestualmente ha avviato un contenzioso tributario contro la stessa Equitalia e nei confronti di Palazzo Marino convinta di risolverlo a suo favore. Invece è andata sbattere contro l’inflessibile Commissione provinciale.
Il risultato pratico è che ora M-I Stadio, presieduta dall’ex rettore della Bocconi, Roberto Ruozi, ha dovuto accantonare in bilancio 1,5 milioni in un apposito fondo rischi. Un cifra a metà strada che incorpora le speranze di vittoria per l’ appello già predisposto presso la Commissione tributaria regionale. Intanto però restano in bilico altri sei avvisi di accertamento per ulteriori 1,9 milioni sulla tassa dei rifiuti solidi urbani del periodo 2007-2012 (epoca pre-Thohir).
In questo caso la Commissione tributaria, dopo gli ennesimi ricorsi di Inter e Milan, da una parte ha annullato gli atti relativi all’applicazione delle sanzioni ma ha confermato gli accertamenti. E i due club si sono rivolti, di nuovo, alla commissione regionale.
In totale è una partita da quasi 5 milioni (la Tarsu si pagava moltiplicando i metri quadrati per la tariffa), non poco se si considera che M-I Stadio ne fattura 20 e ha chiuso il bilancio al 30 giugno 2015 con 6 milioni di perdita, ripianata dai due soci con un’iniezione extra di liquidità.
Già l’anno scorso i revisori avevano formalmente sollevato la questione di una, per così dire, eccessiva tranquillità dei gestori di San Siro sull’esito delle procedure. «Riteniamo – scrivevano infatti gli amministratori – infondata la pretesa impositoria e remota la probabilità di soccombenza in ciò supportati dal parere del legale di fiducia». Sottovalutata, la pillola avvelenata dei rifiuti è poi venuta a galla anche se l’appello potrebbe ribaltare la situazione.
Sulla vicenda, Palazzo Marino si trincera dietro un singolare riserbo:«I dirigenti – riferisce un portavoce – dicono che non ci è consentito fornire informazioni sui contenziosi in essere». Anche Inter e Milan non prendono posizione ma da quel che trapela l’irritazione è ad altissimo livello. Pare che le cartelle esattoriali, a tariffa piena, siano arrivate a tradimento perché M-I Stadio avrebbe sempre pagato le imposte sulla base di una cifra concordata con il Comune e oggetto di negoziazione anno su anno. Negoziazione che teneva conto di tariffe agevolate (intorno ai 140mila euro) compatibili con l’ utilizzo del Meazza per circa 60 giorni annui, come avviene del resto in altri grandi stadi italiani. Insomma, secondo questa versione, le cartelle Equitalia sarebbero una pugnalata alle spalle.
Nei mesi scorsi la società rossonerazzurra sembrava destinata a concludere la sua ecumenica missione: il Milan spingeva per un suo stadio al Portello salvo poi innestare una clamorosa retromarcia; l’Inter premeva per gestire in esclusiva il Meazza; il Comune, per voce dell’assessore allo Sport Chiara Bisconti, ipotizzava la vendita (100 milioni) dello stadio alle due società. Forse se ne riparlerà, intanto regge la convenzione club-Comune firmata nel 2000 e prorogata al 2030. E nel breve periodo devono essere chiusi i cantieri messi in moto per «rinfrescare» lo stadio in vista della finale della Champions League a primavera.