L’ultima in ordine di tempo è stata “la Bari”, come la chiamano i suoi tifosi. Sembra passata un’era geologica da quando il club biancorosso sembrava ormai sull’orlo del fallimento. Poi è arrivato l’ex arbitro Gianluca Paparesta a salvare il Bari prendendolo in Tribunale e facendolo restare in Serie B. Oggi il management squadra pugliese ha in programma un rilancio che passa anche dal marketing: la maglia del Bari è l’unica della prossima cadetteria ad essere griffata Nike, la seconda della storia dopo l’esperienza del Napoli risalente alla fine degli anni Novanta.
Prima del Bari, in Serie A, ci sono stati altri due casi in cui il colosso dell’abbigliamento sportivo ha deciso di investire nella provincia del pallone: parliamo di Hellas Verona e Atalanta, giunte rispettivamente al terzo e secondo anno con la maglia griffata con il “baffo”.
Verona, dalle critiche al vintage (Shakespeare incluso)
Quando il Verona, alla fine della stagione 2013, è tornato in A, in città l’entusiasmo era alle stelle. Non solo per il raggiungimento della massima serie dopo addirittura quattro stagioni nella vecchia cara Serie C. Ma anche per i nuovi ricavi previsti. Il club, già al primo anno di B dopo la terza serie, era tornato all’utile in bilancio: 2,9 milioni di euro contro il rosso di 5 del 2011. Tutto merito del fatturato, aumentato del 197% nel passaggio dalla C alla B: da 3,7 a 10.6 milioni. Al secondo anno di B, è arriva la promozione: il club è sì tornato in perdita di 5 milioni per effetti dell’aumento delle spese per il personale (circa 12 milioni contro i 6 del 2012/13), ma sono aumentato i ricavi ancora a 13,3 milioni. La prospettiva di ricavare più denaro dai diritti tv, ma soprattutto i ricavi da gare mantenuti a livelli rispettabili anche in Lega Pro, hanno convinto un colosso come Nike ad investire del club scaligero.
Nella prima stagione in A, il fatturato è schizzato a 42 milioni di euro (grazie soprattutto ai diritti tv), mentre il modello Nike non ha entusiasmato i tifosi. Molti l’hanno giudicata una “maglia da catalogo”. Tecnicamente non a torto: la maglia realizzata per il ritorno dell’Hellas in a da Nike non era personalizzata, come accade con i grandi club. La differenza sta nella tipologia di accordo. Nel caso dell’Hellas, si è trattato di un contratto cui Nike è official supplier, cioè fornitore di materiale tecnico. In sostanza, è un accordo che prevede che il club si rifornisca dall’azienda rifornitrice di maglie da gioco.
Non è un caso che la maglia dell’Hellas fosse, di fatto, una maglia appartenente a una linea predefinita Nike e non personalizzata. Così come non è un caso che i ricavi da sponsor tecnico al primo anno siano stato di soli 165mila euro. Poi, al secondo anno, il cambio di rotta con una maglia più personalizzata nel design, fino ad arrivare al terzo anno, quello che sta per cominciare, con una maglia personalizzata a strisce gialloblu (e con una scritta in inglese presa da William Shakespeare): una scelta dal sapore vintage, visto che era da vent’anni che l’Hellas non giocava con un modello simile.
“La società scaligera si propone di essere un tassello importante attorno a cui costruire una serie di sinergie con tutti i player che la circondano, con una triplice valenza: sociale per diffondere un’immagine positiva e vicina al proprio territorio, di business marketing al fine di creare valore per i propri partner e di mass marketing per creare fidelizzazione, identificazione nei colori sociali e coinvolgimento dei propri sostenitori“, spiega il sito del club. Un contesto nel quale si inserisce l’iniziativa dell’Hellas Kitchen, il ristorante brandizzato Hellas Verona, parallelamente all’Hellas Store di via Cattaneo, vicinissima all’Arena, gestita direttamente dal club nell’ambito dell’accordo con Nike: la società scaligera è distributrice in esclusiva dei prodotti Nike con il logo del club. In pratica, è il club che decide come organizzare la vendita. Anche con l’aiuto delle nuove tecnologie: con una app dedicata, passando davanti allo store Hellas si attiva una notifica sullo smartphone che ti invita a visitare il negozio.
“Siamo entrati nella galassia Nike, ora siamo il tester per l’Italia. La nostra seconda maglia è stata considerata la migliore divisa away d’Europa. Lo store che abbiamo aperto ha visto entrare 400mila persone, sono stati venduti 100mila capi e 11mila maglie. Dal 10 agosto, giorno di presentazione della nuova maglia, i tifosi ne hanno acquistate 5mila. Inoltre, abbiamo aperto nuovi canali come l’e-commerce e abbiamo registrato addirittura l’arrivo di un ordine dall’Australia. Attualmente stiamo trattando con lo sponsor tecnico per il prolungamento del contratto, che scade in 2017”, ha spiegato lo scorso ottobre il dg del club, Giovanni Gardini. Nel frattempo, nell’organigramma del club è arrivato un nuovo direttore commerciale: è Marco Sorosina, ex Inter (altro club griffato Nike).
Atalanta, dagli store Nike di Percassi alla sponsorship tecnica
Anche a Bergamo, negli ultimi anni, il fatturato è cresciuto molto. Grazie alle tv, certo, ma anche i ricavi commerciali hanno inciso, passando dai 2,2 milioni del 2010 ai 6,4 del 2013. La presenza di un imprenditore legato al territorio (ed alla squadra) come Antonio Percassi e la possibilità di una restyling dello stadio hanno fatto il resto. Convincendo Nike ad un accordo con l’Atalanta, sulla scia di quanto fatto al primo anno con l’Hellas e puntando su una fornitura tecnica da catalogo, ma molto più apprezzata dai tifosi che l’equilibrio tra i colori della maglia e il posizionamento dello sponsor istituzionale (senza l’aggiunta di un secondo jersey sponsor).
A fare la differenza è stata, come detto, la presenza dio un presidente di club come Percassi. Ex giocatore, Percassi era stato agli inizi degli anni Novanta già numero uno del club, quando aveva puntato anche sul marketing. La discesa in B lo aveva però visto fare un passo indietro, per poi tornare anni dopo la gestione Ruggeri. Nel frattempo, Percassi è diventato uno degli imprenditori leader in Italia nel campo del retail. Il gruppo Percassi non si occupa solamente di gestire i propri marchi di proprietà – come Kiko – ma ha un’area retail che gestisce negozi Gucci, Ralph Lauren, Nike e Ferrari. Qualche mese fa, ha aperto in Italia, una serie di negozi del marchio di intimo femminile Victoria’s Secrets.
“Scelto da Nike, leader indiscusso dell’universo sportivo, come partner per l’apertura in Italia di una catena di negozi monomarca, Percassi ha messo subito in campo tutte le sue forze e competenze per la realizzazione di questo importante progetto. Dalla nascita, nel novembre 2002, del primo store milanese di Corso Buenos Aires, che si sviluppa su due piani per presentare ai visitatori tutto il mondo Nike, la partnership con il colosso americano si è sviluppata con l’apertura di altri 18 grandi negozi situati nelle più importanti città d’Italia“, spiega il sito della Percassi, gruppo che gestisce lo store dell’Atalanta a Orio al Serio, dove si vendono le maglie nerazzurre del “baffo”. L’azienda ora potrebbe approfittare anche del restyling dello stadio “Atleti azzurri d’Italia”: grazie alla collaborazione tecnica con il club, potrebbe aprirsi presto la strada per un nuovo store mono-marca nell’impianto cittadino. Ma questa prospettiva non ha impedito molte critiche alla nuova maglia, giudicata anch’essa troppo legata al catalogo generale di Nike.
Bari, unica griffata Nike in Serie B
Si tratta, in sostanza, di barattare la scelta di affidarsi a un grande brand come Nike e la possibilità di fare parte del suo circuito (con i relativi risvolti di marketing), rinunciando allo stesso tempo a una maglia più personalizzata. E’ successo al primo anno con l’Hellas e succede con l’Atalanta. E in fondo, a ben vederle, la seconda maglia dei bergamaschi è uguale al modello della prima del Bari. Cambia ovviamente il colore, ma il taglio da “polo” è identico.
Ma anche in questo caso, l’esigenza è quella di legarsi a un marchio globale: “Abbiamo preferito Nike perché sono i numeri uno e perché l’apprezzamento del prodotto è sicuramente elevato. Quindi la valorizzazione di una maglia Nike è sicuramente una valorizzazione importante. Fermo restando che tutti i tifosi sono legati alla maglia e ai colori del Bari. Un brand importante serve anche ad avvalorare il fatto che il marchio Bari sia un marchio importante, tanto da suscitare l’interesse di Nike. Speriamo che la novità possa essere bene apprezzata dal mercato. Dal punto di vista tecnico non si discute. Noi ora siamo tra i testimonial ufficiali Nike”, spiegava a inizio luglio Gianluca Trisolini, responsabile marketing del Bari, a Epolis.
La nuova partnership ha dato un impulso all’attività promozionale del club. Basta vedere lo spot dedicato al nuovo kit del Bari e caricato su YouTube.