Hacker e carte di credito clonate: come funzionava il sistema dietro Manenti

Un gruppo di hacker che accedeva alle piattaforme online delle banche, per prelevare il denaro. Un gruppo di riciclatori, che gestiva tale denaro. Un’attività divisa in tre fasi e che…

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Un gruppo di hacker che accedeva alle piattaforme online delle banche, per prelevare il denaro. Un gruppo di riciclatori, che gestiva tale denaro. Un’attività divisa in tre fasi e che prevedeva anche l’uso di carte clonate. Ecco come funzionava il sistema che vede coinvolto anche il patron del Parma, Giampietro Manenti.

Due gruppi in contatto fra loro

Durante la conferenza stampa, la Guardia di Finanza ha spiegato dettagliatamente come funzionava il sistema di riciclaggio: “L’indagine ha riportato un’associazione terminale formata da due gruppi: un gruppo di hacker che era in grado di accedere sulle piattaforme bancarie degli istituti di credito e trasferire il denaro, che veniva gestito dall’altro gruppo, i riciclatori, che reinserivano questi fondi con lo scopo conclusivo di renderlo disponibile ai consociati le somme che i primi soggetti acquisivano”.

Come si svolgeva l’attività

Spiega ancora la Finanza: “Abbiamo suddiviso l’attività in tre fasi: la prima era l’acquisizione della moneta elettronica da parte degli hacker che accedevano nei server degli istituti di credito, e compivano operazioni di trasferimento fondi, sia con meccanismi di trasferimento sia attraverso carte di credito clonate, carte bianche con una semplice banda magnetica, ma con all’interno i codici clonati delle carte di credito vere. La seconda fase consentiva di scaricare le carte di credito, facendo delle donazioni anonime ad una serie di fondazioni che potevano avvenire in diversi modi. O attraverso il POS, o utilizzando il sito internet della fondazione con donazioni online, oppure, in un caso in particolare, una fondazione aveva creato un portale informatico che era chiamato Oculus, che era una pagina accedibile attraverso username e password forniti dai riciclatori ai soggetti che intendevano fare presunte donazioni, e attraverso questo portale era consentito il trasferimento del denaro sui conti correnti.

“La terza e ultima fase era quello del rientro del denaro, che rendeva disponibile i fondi trattenendo alla fondazione delle percentuali tra il 30/40%, mentre il 10% era la percentuale trattenuta dai riciclatori. Il risultato concreto è una velina, uno swift, che riproduce un bonifico internazionale, con un trasferimento di 30 milioni di euro. La cosa che sorprende è che questo trasferimento ha richiesto 120 secondi. In questi due minuti hanno aggredito il server e portato a compimento questa operazione bancaria”.

Manenti era il terminale di tutta l’operazione

Che ruolo aveva dunque il patron del Parma, arrestato assieme ad altre 21 persone? “Manenti era solo il terminale, doveva essere il beneficiario in contatto con uno dei componenti di questo gruppo, che operava sulla piazza di Milano”, spiega la Finanza. “Sarebbe stato il beneficiario del trasferimento delle somme necessarie se fosse stato portato a compimento il trasferimento. Manenti ha contattato il componente di Milano. L’accusa nei suoi confronti è di concorso in reimpiego di capitali illeciti”. 

Il Parma come strumento per far transitare fondi

Manenti aveva a disposizione un canale per acquisire i fondi: una società che poteva ricevere sponsorizzazioni ed incamerare fondi Il Parma era uno strumento, “poi la destinazione dei fondi non la sappiamo”, aggiunge la Guardia di Finanza. Che rivela, su Manenti che “ha fatto salire a Parma i componenti milanesi (del gruppo, ndr), ed ha fatto una prova con il Pos delle biglietterie del Parma per provare ad incamerare i soldi. C’è stato questo tentativo”

Guardia di Finanza a Collecchio

I militari della Guardia di Finanza si trovano nel centro di allenamento di Parma, per alcune perquisizioni ulteriori, sempre nell’ambito dell’Indagine che ha portato all’arresto di Giampietro Manenti.