Mentre a livello europeo impazza il risiko della pay-tv, Mediaset ha chiuso il primo trimestre del 2014 con una perdita di 12,5 milioni di euro (da un utile di 9,3 milioni nello stesso periodo del 2013) proprio a causa dell’incremento degli ammortamenti legati ai diritti televisivi della Serie A. Un fattore a prima vista tecnico, considerato che i maggiori ammortamenti sono contabilmente legati a un numero di partite disputate e trasmesse superiore a quello del primo trimestre 2013, ma che potrebbe essere un indicatore del fatto che Premium, la pay-tv del biscione sul cui futuro sono in corso riflessioni strategiche da parte del management, necessiti a tutti gli effetti di un partner che le permetta di avere spalle più larghe per sostenere gli investimenti effettuati. Specie se si considera che il gruppo di Cologno Monzese (controllato dalla Fininvest cui fa capo anche il 100% del Milan) si è appena aggiudicata l’asta per i diritti tv della Champions League per il triennio 2015-2018 per la cifra record di 690 milioni di euro (il 44% in più rispetto all’asta precedente) e che nei prossimi giorni dovrà fare la propria mossa anche per quanto riguarda i diritti della Serie A relativi allo stesso periodo, che l’advisor Infront intende vendere per almeno 980 milioni a stagione.
Se Mediaset decidesse di farsi carico di un tale investimento autonomamente, sfidando la concorrenza di Sky Italia (le cui attività sono destinate ad essere integrate nella pay-tv paneuropea di Rupert Murdoch con BSkyB e Sky Deutschland) e di BeIN Sports (la py-tv sportiva di Al Jazeera) potrebbe avere dunque qualche difficoltà a mantenere l’equilibrio finanziario raggiunto negli ultimi trimestri grazie alla cassa generata e con le dismissioni di asset funzionali alla riduzione del debito: al 31 marzo la posizione finanziaria netta di gruppo, senza considerare i 280 milioni incassati dal collocamento della quota in Ei Towers, era negativa per 1,37 miliardi, in miglioramento rispetto agli 1,58 miliardi di un anno fa e con un rapporto rispetto all’ebitda di 4.2 volte.
La mossa di Murdoch, che ieri ha annunciato l’intenzione di conferire il 100% di Sky Italia e il 55% di Sky Deutschland in BSkyB (di cui il tychoon australiano è il primo azionista con il 39%), e quella di Telefonica, che ha messo sul piatto 750 milioni per rilevare da Prisa il 56% della pay-tv spagnola Digital+ (di cui Mediaset è azionista, al pari del gruppo telefonico iberico, con il 22% e su cui vanta un diritto di prelazione), potrebbero dunque costringere il gruppo guidato da Pier Silvio Berlusconi ad accelerare quella riflessione sul futuro della propria pay-tv, che ancora non si è tramutato in una decisione strategica.
In questo scenario i numeri riportati oggi non sembrano essere incoraggianti. Nonostante il maggior numero di partite del campionato di Serie A disputate nel semestre e pur a fronte di un folto drappello di squadre italiane (Napoli, Fiorentina, Lazio, nonché la Juventus arrivata in semifinale) partecipanti alla seconda fase dell’Europa League (competizione di cui Mediaset ha l’esclusiva per l’Italia) i ricavi caratteristici della piattaforma Premium (vendita di carte, ricariche e abbonamenti Easy Pay) sono scesi a 142,8 milioni rispetto ai 144,5 milioni del primo trimestre 2012 e a fronte di un numero di abbonamenti sostanzialmente invariato rispetto al 31 dicembre 2013. L’incidenza dei ricavi della pay-tv italiana sul totale è rimasto pressoché stabile attorno al 17% (22% circa rispetto ai ricavi delle attività italiane), ma la forza della tv generalista in chiaro, nonostante l’aumento degli ascolti, non si è tradotta in una crescita dei ricavi pubblicitari, che nel trimestre si sono contratti dell’1,8% a 492,5 milioni, a fronte di un calo del mercato (dato Nielsen relativo ai primi 2 mesi del 2014) del 3,2%.