Quando un cantante lirico debutta in un grande teatro, raramente si conosce il percorso strategico che lo ha portato su quel palcoscenico. La scelta del repertorio, il momento giusto, la preparazione meticolosa e costante… Nulla avviene per caso. La fortuna senz’altro può aiutare alcuni momenti nevralgici dello sviluppo di una carriera ma da sola non basta.
Ariosi ha fondato la sua agenzia nel 2011 e, da allora, lavora in un contesto in cui l’opera convive con la globalizzazione, l’esposizione digitale e la pressione dei risultati immediati. Secondo Opera Europa (2023), oltre il 65% dei cantanti che accedono ai palcoscenici di primo livello lo fanno con una rappresentanza professionale, a dimostrazione del reale peso di questa figura. Cosa significa oggi accompagnare una voce emergente? Come si gestisce una carriera sostenibile in un ambiente tanto esigente? Ne abbiamo parlato con lui.
Dalla sua esperienza, Alessandro Ariosi, qual è oggi il vero lavoro di un agente artistico nel mondo dell’opera?
Il ruolo dell’agente è cambiato molto. In passato bastava gestire contratti, organizzare agende e trovare ingaggi. Oggi, questo schema non basta più. Un agente deve essere uno stratega, accompagnare i processi, leggere l’ambiente professionale ed emotivo dell’artista, prevedere i rischi. Spesso siamo anche gestori d’immagine, consulenti, o persino figure di fiducia. Nel mio caso, cerco di costruire relazioni a lungo termine, non semplicemente chiudere contratti una tantum.
Ariosi Management rappresenta cantanti tra i più noti come Plácido Domingo, Leo Nucci, Violeta Urmana, Markus Werba, Sonya Yoncheva, Jessica Pratt, Saioa Hernandez, Jonathan Tetelman, Erwin Schrott, Maria Jose Siri, Amartuvshin Enkhbat, Yusif Eyvazov, Irina Lungu, Dmitry Korchak, Arturo Chacón-Cruz, Vittorio Grigòlo, Anna Pirozzi, Fabio Sartori, Roberto Tagliavini, Clémentine Margaine, Ekaterina Semenchuk, Roman Burdenko, Elena Stikhina, Vasilisa Berzhanskaya, Arsen Soghomonyan, Olga Maslova, Juliana Grigoryan e tanti altri… che tipo di lavoro è il suo?
Lavoriamo con profili molto diversi. Rappresentiamo sia artisti con carriere già consolidate sia giovani voci emergenti con grande potenziale. Ma dedichiamo grande attenzione anche ai giovani talenti. Se vedo che qualcuno ha voce, attitudine e chiarezza di intenti, mi interessa accompagnarlo nel suo percorso. E per ciascuno si cerca con un lavoro sartoriale di tracciare un iter che sia su misura.
Alessandro Ariosi, cosa cerca personalmente in un nuovo cantante?
Una voce interessante, certo, ma anche capacità interpretativa, connessione con il personaggio e, soprattutto, professionalità. A volte arrivano voci bellissime che si perdono per mancanza di disciplina o per scelte sbagliate. Io osservo se l’artista è disposto a lavorare con costanza, se ha resistenza mentale e vocale. Inoltre, valuto se il repertorio ha proiezione e se si inserisce in un percorso sostenibile. Il talento da solo non basta per costruire una carriera.
Ha notato differenze tra i cantanti in base al loro Paese d’origine?
Sì, certamente. Non si tratta di fare stereotipi, ma è vero che esistono modelli ricorrenti. In Italia, per esempio, abbiamo un’enorme ricchezza di talento naturale, ma a volte manca una preparazione metodica o un senso della pianificazione. Nei Paesi dell’Europa dell’Est, invece, trovo cantanti molto ben formati, con un approccio tecnico e disciplinato fin dall’inizio. Non significa che alcuni siano migliori di altri, semplicemente partono con strumenti diversi. Straordinario e unico il percorso di un artista oggi conteso tra i più prestigiosi teatri del mondo, il baritono di Ulan Bator dalla voce d’altri tempi: Amartuvshin Enkhbat. Una voce unica con un curriculum spettacolare di vittorie ai principali concorsi internazionali tra 2011 e 2012: 1° premio all’International Opera Competition Baikal e al Concorso Operalia e 2° premio e premio del pubblico all’International Tchaikovsky Competition di San Pietroburgo e al Tenor Viñas Competition. E per finire nel 2015 il Joan Sutherland Audience Prize al BBC Cardiff Competition.
Alcuni agenti hanno letteralmente scaricato artisti che provenivano da paesi coinvolti nei conflitti e alcuni teatri hanno imposto a questi artisti, anche molto famosi, di firmare atti in cui si schieravano pubblicamente contro il loro paese. Cosa ne pensa?
Trovo grave che la libertà di pensiero del singolo o addirittura semplicemente le sue origini vengano prevaricate da imposizioni che pregiudicano la carriera e la vita di una persona. Questo significa togliere il lavoro, discriminare e inevitabilmente inasprire le tensioni già estreme di oggi. Purtroppo certa stampa irresponsabile gioca ampiamente diffondendo fake news per avvalorare determinate tesi che spesso si rivelano non in buona fede, ma piuttosto create per fomentare una narrativa al servizio di certa logica politica, che nulla ha a che spartire con gli ideali. La musica è un linguaggio che sintonizza tutti sulle stesse lunghezze d’onda e questo linguaggio potentissimo apre inevitabilmente al dialogo tra gli esseri umani, contro ogni faziosità e propaganda, e fa riscoprire loro che in fondo sono tutti uguali, perché a qualsiasi latitudine tutti si emozionano allo stesso modo davanti a un capolavoro.
Che impatto hanno oggi le tecnologie digitali nel mondo lirico?
Un impatto enorme. La registrazione delle prove, lo streaming, la presenza sui social…tutto ciò ha cambiato il modo di lavorare e di farsi conoscere. In Ariosi Management utilizziamo questi strumenti, naturalmente, ma senza lasciare che definiscano l’identità dell’artista. L’esposizione pubblica non può sostituire la qualità interpretativa. Se un cantante ha successo sui social ma non convince in scena, quel successo non è sostenibile. Tutto deve essere al servizio della musica, non il contrario.
Qual è il suo ruolo quando un artista deve prendere decisioni cruciali per la carriera?
Non impongo mai un percorso, ma propongo opzioni e analizzo le conseguenze. A volte, accettare un ruolo troppo impegnativo in un grande teatro può bruciare le tappe e avere esiti negativi. In altri casi, restare troppo a lungo in un repertorio comodo può causare stagnazione. Il mio compito è trovare l’equilibrio tra rischio e opportunità. Alcune decisioni vanno prese con calma, e io cerco di esserci per offrire una prospettiva.
Cosa distingue Ariosi Management come agenzia?
Noi non ci limitiamo a rappresentare, ma accompagniamo. Ogni artista ha esigenze diverse, e adattiamo il nostro lavoro a quelle specificità. Disegniamo calendari con criterio artistico e umano, manteniamo rapporti costanti con teatri e festival, e cerchiamo di prevedere i momenti di transizione in ogni carriera. Per me, costruire percorsi sostenibili è più importante che ottenere successi fugaci. Ciò richiede tempo, dialogo e impegno.
Come immagina il futuro della sua professione?
Non esiste un modello unico, né ricette valide per tutti. Ciò che è certo è che l’agente non può più essere una figura passiva. Dobbiamo evolverci insieme al settore. L’opera sta cambiando: il pubblico, i formati, le richieste dei teatri. Accompagnare un cantante oggi significa comprendere queste trasformazioni. E anche se il contesto cambia, ci sono valori che restano: l’onestà, il rispetto per la voce e l’attenzione costante ai dettagli.