Elettrico e rapporti con l'esecutivo: le ragioni dell’addio di Tavares a Stellantis

Le ragioni che hanno portato alle divergenze con Elkann e all’addio del manager in anticipo rispetto alla scadenza del suo mandato, fissata per il 2026.

Tavares compenso Stellantis
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Perché Tavares si è dimesso? Prove tecniche di pace tra Stellantis e il Governo italiano. Che il clima si stia rasserenando, il ministro delle Imprese e del Made in Italy Adolfo Urso l’ha compreso ieri, dopo la telefonata avuta con John Elkann. L’erede dell’Avvocato e primo azionista del colosso dell’auto avrebbe ipotizzato un diverso approccio in Europa sull’abbandono dei veicoli elettrici.

È troppo presto – spiega Il Messaggero nella sua edizione odierna – per dire se Stellantis è pronto ad appoggiare in toto il governo italiano nella sua battaglia contro la Ue per prorogare lo stop ai modelli endotermici previsto nel 2035Tuttavia, il costruttore non vedrà più l’elettrificazione come un mantra. Non avrà più l’approccio fideistico sul tema di Carlos Tavares, il CEO spinto alle dimissioni 48 ore fa.

Perché Tavares si è dimesso? Le ragioni dietro l’addio del manager

È proprio da qui – dai rapporti del gruppo con il governo italiano, ma non solo – che bisogna partire per capire che cosa ha portato gli azionisti a velocizzare l’uscita del manager portoghese. Tavares si è sempre focalizzato su una strategia di ottimizzazione dei costi, pronto anche a rimodulare produzioni e a ridurre personale per raggiungere l’obiettivo. Al governo italiano ha sempre ribadito due concetti: le strategie di un’azienda si decidono in base ai livelli di remuneratività; i Paesi europei devono sostenere l’auto elettrica.

Muovendosi in quest’ottica, era impossibile dialogare con governi, preoccupati soprattutto dalle ripercussioni della transizione su occupazione e tenuta sociale. Il Comitato esecutivo ad interim per gestire la transizione, e che vede rafforzare il potere d’interdizione di Elkann nel gruppo, non modificherà il piano industriale lasciato da Taveres. Questo compito toccherà al nuovo CEO.

Dovrà, invece, trovare soluzioni credibili per il mercato e gli stakeholders e chiudere tutti i nodi lasciati scoperti dal manager portoghese. Quelli che hanno portato alla sua uscita:

  • il taglio della produzione in America che ha indispettito i concessionari;
  • l’abbandono troppo repentino delle motorizzazioni ibride che hanno colpito maggiormente marchi come Fiat;
  • i rapporti tesi con la politica che vanno ricostruiti.

Il prossimo 17 dicembre Elkann non parteciperà al tavolo già convocato al Mimit. Ma il presidente di Stellantis non solo manderà Jean Philippe Imparato, responsabile dell’Europa, ma avrebbe garantito che d’ora in avanti si farà personalmente garante nelle trattative tra governo e Stellantis. Urso e Elkann non sarebbero entrati nel dettaglio, ma rispetto al passato l’esecutivo non pone più l’accento sul riportare la produzione domestica a un milione di auto. Detto questo, non vuole fare sconti sull’avvio della Giga factory a Termoli dove Stellantis è uno dei partner di Mercedes e Total; pretende l’installazione di una piattaforma per city car in Italia, che per esempio salverebbe uno stabilimento come Pomigliano; non vuole gestire una macelleria sociale.

Dal canto suo, il colosso dell’automotive vuole lo sblocco al finanziamento della cassa integrazione per tutto il 2025 e vedere rimpinguati i contratti di sviluppo per i singoli impianti. Su questo capitolo il Mimit ha da tempo congelate alcune centinaia di milioni di euro. Di conseguenza, la base per un’intesa passa per un aumento della produzione da parte di Stellantis, che nel 2024 ha visto scendere al minimo storico di mezzo milione di veicoli assemblati.