Marotta: «Stadio? Obiettivo non sia una cattedrale nel deserto»

Le parole del presidente dell’Inter: «Obiettivo sostenibilità: oggi i “ricchi scemi” non esistono più».

Marotta Oaktree nuovo stadio
Giuseppe Marotta (Foto: Alessandro Sabattini/Getty Images)

«Oggi quello che è un sostantivo tanto gettonato è la sostenibilità, è il primo obiettivo che i nuovi proprietari si pongono ed è giusto sia così. Il calcio è passato da un modello di mecenatismo, poi meno male sono arrivati i fondi perché immagino quello che sarebbe potuto capitare in una città come Milano». Lo ha detto il presidente dell’Inter Giuseppe Marotta, nel corso della sesta edizione dello Sport Industry Talk organizzato da RCS Academy a Roma.

«La sostenibilità passa da due stradi: la valorizzazione delle risorse e il contenimento dei costi. È quello che stiamo cercando di fare cercando di essere sempre competitivi, l’aspetto sportivo è quello che traina tutto. Il risultato sportivo è la locomotiva che traina tutti gli altri vagoni. Abbiamo ruoli e deleghe precise, sono molto soddisfatti. Per me passare da manager a presidente è come toccare il cielo con un dito, lo faccio con grande passione e umiltà ma con la consapevolezza di poter regalare soddisfazione ai tifosi come negli ultimi anni».

«Stadio? Uno stadio oggi rappresenta aspetti importanti, come valorizzare il concetto di appartenenza di un club. Uno stadio è la casa di un club, rappresenta un luogo di aggregazione. Il calcio è un fenomeno di forte aggregazione, Inter e Milan viaggiano su 70mila persone allo stadio. Deve rappresentare un momento di incontro durante la settimana, la volontà è che non sia solo una cattedrale nel deserto ma sia un centro di aggregazione da una parte e rappresenti un asset patrimoniale che genera ricavi molto importanti se gestito bene. Oaktree come RedBird hanno capito che rappresenta uno strumento di redditività, giusto cercare di arrivare ad una conclusione. Noi oggi in Italia siamo fanalino di coda come strutture, questa è una esigenza prioritaria per far sì che ogni club dia continuità e dia anche ai nostri tifosi di vivere in uno spazio che sentono loro».

«Politica? Ho sempre notato la poca considerazione della politica nei confronti del calcio, che è un fenomeno sociale che si regge da solo. Siamo dei grandi contribuenti dello Stato, garantiamo circa un miliardo l’anno in gestito fiscale mentre tutti pensano che noi prendiamo contributi. Noi ci reggiamo da soli. Noi vogliamo che ci siano leggi ad hoc per favorire lo sviluppo e l’obiettivo della sostenibilità. I “ricchi scemi” non esistono più, oggi ci sono fondi di investimento e società che vogliono entrare nel calcio ma non andare in default. Non chiediamo contribuzioni se non una maggiore considerazione, come un iter burocratico più snello sugli stadi, il tema del decreto dignità che ha tolto la possibilità di avere sponsorizzazioni da società di betting, il tema del decreto crescita che viene utilizzato nel mondo del lavoro di altre categorie e credo quindi sia iniquo. Quindi maggiore considerazione, non dico maggiore dialogo perché abbiamo buoni rapporti, ma dobbiamo arrivare al dunque. Forse è il caso di immaginare una legge quadro sullo sport? Forse sì».

«Rapporti Lega-Figc? Oggi siamo in un contesto di forte litigiosità legata ai personalismi che sono troppo accentuati. Noi siamo contro questo tipo di litigiosità, che da un punto di vista mediatico emerge tra Lega e Figc, ma non è il problema. Il problema è quello di dialogare con la politica, è lì che dobbiamo lavorare. La Figc ci rappresenta, ma non stravolge la vita economica di una società».