Nuovo capitolo dello scontro tra il Milan e Zvonimir Boban sulla causa intentata dall’ex Chief Football Officer del club rossonero a seguito del licenziamento avvenuto nel 2020. Boban era stato sollevato dal suo incarico a seguito di un’intervista rilasciata a La Gazzetta dello Sport, durante la quale aveva duramente criticato la proprietà dell’epoca, il fondo statunitense Elliott.
A seguito di quel licenziamento, l’ex dirigente aveva intentato una causa al Milan e il club rossonero era stato condannato dal Giudice del lavoro del Tribunale di Milano a risarcire lo stesso Boban, per mancanza della «giusta causa di recesso». Inizialmente, si stabilì un risarcimento di 4.125.000 euro per danni patrimoniali e di 1.250.000 euro per danni non patrimoniali, «oltre interessi e rivalutazione monetaria sulla suddetta somma dalla data della pronuncia al saldo effettivo».
Successivamente, la Corte di Appello di Milano, con una sentenza del 2022, confermò l’insussistenza della giusta causa, ma rideterminò il risarcimento del danno patrimoniale in 4.825.000 euro. Cifra da cui «detrarre quanto percepito ad oggi e sino al 30.11.2022 in ragione di altre attività lavorative», con riferimento al suo successivo incarico come Chief of Football della UEFA.
A seguito di questa decisione della Corte di Appello di Milano, Boban aveva presentato ricorso alla sezione Lavoro della Corte di Cassazione, chiedendo che fossero riconosciuti anche i danni non patrimoniali. Secondo quanto emerge da documenti ufficiali consultati da Calcio e Finanza, la Corte di Cassazione ha rigettato la richiesta pervenuta da Boban.
Nel dettaglio, la Cassazione ha confermato quanto stabilito dalla Corte d’Appello, sottolineando che la richiesta di «risarcimento del danno non patrimoniale non può trovare accoglimento». Allo stesso modo, è stato considerato inammissibile il ricorso contro la decisione di detrarre dal risarcimento dovuto dal Milan a Boban, le somme percepite da quest’ultimo per il suo incarico presso la UEFA, successivo all’esperienza in rossonero.
Per questo motivo, si legge nella sentenza, «la Corte rigetta entrambi i ricorsi e compensa le spese».