Datati, con strutture ormai superate, pochi servizi e spesso situati in zone densamente popolate. Questo è il quadro che viene fuori da un’analisi approfondita pubblicata quest’oggi da Il Giorno, Il Resto del Carlino e La Nazione sugli stadi in Italia.
In una competizione immaginaria dedicata agli impianti calcistici, l’Italia da anni si trova relegata in serie B, in lotta per non finire in fondo alla classifica. E il dato media sull’età media degli impianti italiani lascia poco spazio all’interpretazione: 61 anni.
L’unica modernizzazione significativa risale a Italia ’90, anno dei Mondiali, seppur tra tensioni politiche e indagini giudiziarie. Da allora, quasi silenzio, con rare eccezioni come l’Allianz Stadium di Torino, inaugurato nel 2011 e con una capienza di circa 41.000 posti, insufficienti per ospitare una finale di Champions League.
I dati non sono incoraggianti: un terzo degli stadi non ha piste di atletica, Skybox o spazi commerciali. E questo quadro diventa ancora più amaro se si considera cosa è successo altrove in Europa. Negli ultimi 10 anni sono stati costruiti 153 nuovi stadi, mentre in Italia solo tre. Ma i progetti non mancano per vedere nuovi impianti, fra costruzioni ex novo e grandi restaurazioni.
Questi, al momento, sono almeno 14 progetti in fase di avvio, per un investimento totale di 3 miliardi di euro. Interventi che, inoltre, genererebbero un impatto sul PIL di circa 5 miliardi e porterebbero alla creazione di 12mila nuovi posti di lavoro. Ma c’è di più: i nuovi stadi aumenterebbero i profitti per le società (o per chi gestisce le strutture), attirando oltre 3,3 milioni di spettatori in più, con un incremento dei ricavi di circa 200 milioni di euro.
Una boccata d’ossigeno per i club di Serie A, che al momento non riescono a competere con le principali squadre europee. Per fare un confronto: Inter e Milan, nel loro anno migliore, hanno raggiunto al massimo 80 milioni di euro, mentre Arsenal e Tottenham superano costantemente i 100 milioni. Per non parlare delle grandi come PSG e Barcellona, che arrivano a incassare oltre 150 milioni. I blaugrana sono destinati a spiccare il volo grazie al nuovo Camp Nou che dovrebbe riaccoglierli entro questa stagione con un look avveniristico e completamente rinnovato.
In generale, la media dei ricavi da partita per la Serie A nella stagione 2022/23 è stata di 20 milioni di euro per club: solo la Ligue 1 fa peggio, con 14 milioni. Sopra ci sono la Premier League (50 milioni), la Liga (31 milioni) e la Bundesliga (30 milioni).
I motivi di questo distacco sono molti e non fanno altro che trascinarsi da ormai decenni. La vicenda degli stadi è emblematica di ciò che accade con le grandi opere: i tempi di realizzazione superano di oltre il 30% la media europea e arrivano anche al 50% considerando i passaggi tra gli uffici necessari per ottenere le autorizzazioni. La burocrazia, quindi, è il primo grande ostacolo, ma non l’unico.
Spesso bisogna fare i conti con le rivalità politiche tra enti chiamati a esprimere il loro parere sui progetti. Un esempio emblematico è la lunga vicenda del nuovo stadio della Roma di James Pallotta a Tor di Valle o del nuovo San Siro desiderato da Inter e Milan, con scontri continui tra i diversi partiti coinvolti.
Infine, c’è la questione dei costi: una volta iniziata un’opera, i costi aumentano costantemente, mettendo sotto pressione le casse già provate dei Comuni o degli enti finanziatori. La speranza di un riscatto è riposta per ora nell’occasione del 2032, quando l’Italia, insieme alla Turchia, ospiterà gli Europei. Abbiamo tempo fino al 1° ottobre 2026 per adeguare almeno 5 stadi e non perdere questa chance. Ma per riuscirci serve accelerare al più presto.