Eredità Agnelli, il Riesame: «Verosimile che gli Elkann sapessero della frode»

Nelle motivazioni si legge: «La frode è stata verosimile oggetto di dolo in capo a tutti i tre fratelli Elkann ed è verosimile che abbiano avallato le strategie già suggerite e realizzate con la fattiva consulenza di Gianluca Ferrero».

John Elkann CdA Meta
John Elkann (Foto: DPPI/Panoramic/Insidefoto)

Un duro colpo per la difesa dei fratelli John, Lapo e Ginevra Elkann nel processo che li vede indagati per frode ai danni dello Stato nel contesto relativo all’eredità della propria nonna, Marella Caracciolo, su segnalazione della madre, Margherita Agnelli.

Come riporta l’edizione odierna de Il Giornale, circa un mese fa il secondo Tribunale del Riesame ha riconosciuto la fondatezza della costruzione accusatoria della Procura di Torino, che dipinge un quadro molto articolato di come gli Elkann, coadiuvati dal commercialista di famiglia, e attuale presidente della Juventus, Gianluca Ferrero, e dal notaio svizzero Urs von Gruenigen, abbiano eluso volontariamente il Fisco italiano per quanto riguarda l’eredità lasciata dalla nonna, grazie alla residenza, che sarebbe quindi fittizia, in Svizzera di quest’ultima.

Oggi si conoscono le motivazioni di quel pronunciamento del Riesame che le ha spiegate in 22 pagine: «La frode è stata verosimile oggetto di dolo in capo a tutti i tre fratelli Elkann, i quali si è visto come fossero in ottimi rapporti con la nonna (Marella Caracciolo) e come ne conoscessero abitudini e problematiche che rendevano prevalente la sua permanenza in Italia. Di fronte al decorso della congiunta è verosimile che abbiano avallato, con dolorosa volontà adesiva, le strategie già suggerite e realizzate con la fattiva consulenza di Gianluca Ferrero (commercialista di famiglia, anche lui indagato)».

Situazione ribaltata rispetto al primo riesame che aveva dato un colpo duro alle ipotesi della Procura di Torino. L’impianto accusatorio, quindi, regge: c’è la dichiarazione fraudolenta sui redditi di Marella (contestata solo a John, in concorso con Ferrero e von Gruenigen) e c’è a cascata la truffa sulle tasse di successione non pagate su un patrimonio stimato 900 milioni.

A confermare come negli ultimi anni la vedova dell’Avvocato fosse di fatto residente in Italia anche 13 dipendenti, dalle dame di compagnia ai maggiordomi della piccola corte di casa Agnelli, che sono stati sentiti dai pm nel corso dell’inchiesta e alcuni hanno confermato sottolinea il Riesame «l’assoluta e incontestata permanenza in Italia», in particolare nell’ultimo «periodo di sofferenza». Prima della morte avvenuta nel febbraio 2019. Anche se i giudici notano che pure i dipendenti sono divisi in due fazioni: quelli che parteggiano per i tre fratelli e quella schierata con la loro madre, Margherita Agnelli.

Per gli avvocati della difesa il mancato pagamento delle imposte dovrebbe essere considerato un illecito di natura amministrativa, ma il Riesame accredita una versione diametralmente opposta: «Nel caso di specie il meccanismo fraudolento è di natura mista fra artificio (l’esterovestizione della residenza della de cuius), il raggiro (il tacere una circostanza essenziale, ossia che la defunta Marella risiedesse in modo prevalente in Italia) e la conseguente omissione di dichiarazione in Italia; quest’ultima è quindi l’atto finale di una più complessa fattispecie truffaldina, non riconducibile a un mero inadempimento conseguente alle frodi a monte escogitate».