Se la Supercoppa spagnola vale il doppio di quella italiana

Il paragone tra i due tornei disputati entrambi in Arabia Saudita è anche un confronto sullo stato delle due leghe tra blasone e appeal.

Football Affairs valore Supercoppa italiana
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(Foto: -/AFP via Getty Images)

Nel mondo del business c’è una norma basilare: il prezzo lo fa il mercato. Nel senso che ci possono essere tante valutazioni ipotetiche, ma quando poi si palesa un offerente con un proposta concreta a un dato prezzo e il venditore accetta, quello sarà il benchmark nei fatti.

Per spiegare meglio il concetto, nel maggio 2023 la Lega Serie A aveva fissato l’asticella dei prezzi per i diritti tv oltre il miliardo di euro a stagione, ma la stessa Lega ha in seguito accettato l’offerta di DAZN e Sky da 900 milioni di euro annui (4,5 miliardi complessivi in cinque anni). Da quel momento fu il prezzo pagato dalle emittenti il valore benchmark.

Ora portando la questione nel contesto attuale, lo stessa norma del valore di mercato si può utilizzare per confrontare il valore della Supercoppa italiana e quella della omologa manifestazione spagnola (la prima è infatti in corso in questi giorni e la seconda è stata disputata la settimana scorsa).

Entrambe infatti hanno avuto lo stesso pagatore, ovverosia Sela Sport (società saudita di marketing di proprietà di PIF, fondo sovrano del Paese). Entrambe hanno utilizzato la stessa formula: Final Four qualificando la prima e la seconda del campionato e le due finaliste delle coppa nazionale. Simile anche la durata del contratto: quattro edizioni in sei anni per quella italiana, accordo diretto per sei edizioni per quella spagnola (al centro di polemiche anche per il ruolo dell’ex difensore del Barcellona Piqué).

Il principio per cui le due federazioni hanno deciso di trasferire le proprie competizioni in Arabia Saudita è uno solo: massimizzare gli introiti. Ed ecco perché la Lega Serie A ha optato per l’introduzione della formula delle Final Four, dopo averla fatta giocare sempre a Riad ma in gara secca nella stagione scorsa quando l’Inter trionfò sul Milan.

L’unica variabile che, a parità di scenario, è stata notevolmente diversa è stata il prezzo. Una cosa non secondaria evidentemente visto che il prezzo è lo scopo principale della trasferta nella penisola arabica. E nei fatti gli arabi, che con i loro investimenti si stanno issando tra i padroni del calcio mondiale, hanno valutato la Final Four spagnola quasi il doppio di quella italiana: ovvero 40 milioni annui contro 23 milioni a stagione

Nel dettaglio: la Supercoppa italiana ha permesso alla Lega Serie A di incassare un premio totale di circa 23 milioni di euro. Di questi 16,2 milioni finiscono ai club, secondo questa divisione (comunque la si veda, un aumento rilevante considerando che per l’edizione giocata nel gennaio 2023 il montepremi era di circa 7,5 milioni complessivi):

  • 1,6 milioni ciascuno alle due semifinaliste sconfitte;
  • 5 milioni alla finalista sconfitta;
  • 8 milioni alla vincitrice.

Per converso, secondo quanto spiegato dalla stampa spagnola, l’Arabia Saudita ha riconosciuto alla federcalcio iberica un totale di 40 milioni di euro per ospitare la competizione ogni anno. Per questa edizione, guardando al montepremi, il Real Madrid quale vincitore ha incassato un totale di 5,1 milioni di euro (di cui 2,8 milioni per la sola partecipazione), a cui si aggiungono 300.000 euro per la copertura delle spese di viaggio, stessa cifra per gli altri partecipanti. Il premio per la vittoria finale è fissato a 2 milioni. Il Barcellona, invece, si è portato a casa 4,1 milioni di euro a testa, mentre l’Atletico 2 milioni e per l’Osasuna 1 milione.

IL DIVARIO TRA LA SERIE A E LA LIGA

A che cosa è dovuto questo divario? E soprattutto è giustificato?

Se si guardano i diritti televisivi del campionato è interessante notare come, fatta salva la Premier League che è quasi irraggiungibile, i diritti domestici di Liga, Serie A e Bundesliga non siano molto distanti tra loro.

  • Premier League – 1,844 miliardi di euro (1,95 miliardi di euro dal 2025/26)
  • Liga spagnola – 1,193 miliardi di euro fino al 2026/27
  • Bundesliga – 1,079 miliardi di euro fino al 2024/25
  • Serie A – 927,5 milioni di euro (900 milioni più revenue sharing dal 2024/25)

Il divario invece aumenta se si guardano i diritti internazionali dove la classifica tra le big 4 è la seguente:

  • Premier League – 12,1 miliardi di euro
  • Liga spagnola – 835 milioni
  • Serie A – 205 milioni
  • Bundesliga – 170 milioni

Il torneo spagnolo insomma vince per distacco contro quello italiano e tedesco. Ed è indubbio che su questo incidano in maniera esponenziale i grandissimi campioni che da sempre Real Madrid e Barcellona assicurano alla Liga.

Per dirla in breve, se l’appeal interno è simile perché il campionato si vende a tifosi delle squadre che quindi comprano l’abbonamento tv indipendentemente da chi gioca nella propria squadra, quelli esteri sono venduti a clienti che sono attirati dalle grandissime stelle: dallo spettacolo e non dal tifo.

Questo detto, non sarebbe però corretto non riconoscere alla Liga di essersi mossa nei deenni scorsi con largo anticipo, quantomeno nei confronto della Serie A, nell’opera di marketing per conquistare i nuovi mercati sempre più attenti alle dinamiche dei tornei europei: siano queste nazioni posti nel suo bacino di influenza culturale dell’America Latina oppure siano essi locate nei mercati emergenti asiatici.

Non solo, ma non si può non riconoscere anche che il presidente della Liga Javier Tebas ha un potere esecutivo molto più significativo confrontato a quello dei suoi omologhi italiani, il presidente Lorenzo Casini e l’amministratore delegato Luigi De Siervo.

In Spagna Tebas è al comando di una lega formata da 42 squadre (le 20 di Prima e le 22 di Segunda Dvision) e in questo quadro ha buon gioco nel fare prevalere le logiche dell’intero sistema nonostante abbia all’opposizione i colossi Real Madrid e Barcellona. Anzi in una sorta di piccolo capolavoro politico-gestionale, da un lato sfrutta il brand e i campioni dei due colossi per promuovere la Liga in tutto il mondo, dall’altro facendo leva sulle altre 38 squadre trova il modo di prendere decisioni utili all’intero sistema e non solo alle due grandi tradizionali.

In Italia invece la lega maggiore consta di soltanto 20 squadre, in cui il peso dei club e delle piccole fazioni pesa molto di più. In base all’attuale statuto, di fatto, soli sette club  (visto che per le decisioni più importanti, quantomeno nelle prime votazioni, è richiesto il voto favorevole dei due terzi dei club) possono sostanzialmente bloccare qualsiasi decisione, indirizzando in maniera importante il processo decisionale dell’intera lega. E quindi, in sostanza, pochi club possono portare la Lega Serie A sulla direzione voluta con maggiore facilità rispetto alla Liga spagnola.

IL PESO DELLE BIG SPAGNOLE

In questo quadro il caso della Supercoppa è ancora più eclatante e non a caso il divario in termini di accordo economico (considerando l’intera somma dei diritti) tra Spagna e Italia percentualmente è maggiore.

Per quanto concerne il torneo iberico, infatti, una Supercoppa a quattro implica quasi inevitabilmente che sia Real Madrid sia Barcellona siano tra quelle qualificate. Negli ultimi 20 anni in Spagna soltanto in tre occasioni il titolo non è andato nella bacheca del Bernabeu o del Camp Nou (un trionfo per il Valencia e due per l’Atletico Madrid). E nello stesso lasso di tempo in dieci occasioni La Copa del Rey non è terminata nei due palmares di cui sopra.

Nello stesso tempo anche per l’Atletico Madrid non è difficile qualificarsi visto che in campionato può spesse volte terminare anche terzo per ottenere il pass per la Supercoppa. Fatta salva l’opportunità di vincere la coppa nazionale.

Questo fa sì che tutti i campioni delle tre grandi storiche di Spagna – nei fatti la Supercoppa è come vendere i diritti esteri, l’appeal si muove sulle grandi stelle – sono convocabili per le partite che si giocano in Arabia Saudita.

In Italia la situazione è diversa. Non a caso quest’anno soltanto l’Inter delle tradizionali top 3 partecipa alla Supercoppa. Questo perché storicamente la distanza tra l’aristocrazia del nostro calcio (composta da Inter, Juventus, e Milan, ovvero i tre club che hanno vinto la Champions e che assieme mettono insieme circa l’80% dei tifosi italiani) e l’alta borghesia (in cui si possono includere Fiorentina, Lazio, Napoli e Roma e negli anni attuali anche l’Atalanta) è inferiore di quanto non accade in Spagna.

In Italia infatti se è vero che lo scudetto del Napoli è stato il primo dopo 20 anni di dominio totale delle cosiddette “strisciate”, è altrettanto vero che la Coppa Italia è spesso è andata a club dell’alta borghesia, così come succede per il secondo o il terzo posto in Serie A. Per esempio la Roma è una delle società con più medaglie d’argento in campionato dopo le tre big. 

Non a caso le notizie che arrivano dall’Arabia Saudita parlano di uno stadio desolatamente vuoto, per non dire semideserto, per Napoli-Fiorentina perché gli appassionati locali avrebbero preferito Juventus e Milan. E non a caso De Siervo sta pensando di tornare alla formula della finale secca o di portare la coppa negli Stati Uniti per le prossime edizioni.