Superlega vs UEFA: l'obiettivo è gestire la torta miliardaria dei diritti tv

Lo scontro tra le parti in causa è solamente all’inizio: il primo test è la gestione miliardaria dei diritti televisivi, asset chiave per le società calcistiche.

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FOOTBALL AFFAIRS

La sentenza della Corte di Giustizia della UE sulla questione Superlega ha squassato il panorama calcistico mondiale e per il momento, al di là di come finirà, il verdetto ha portato due dati certi:

  • l’abuso della posizione dominante da parte di FIFA e UEFA, con i club che quindi potranno organizzare i propri tornei timori di sanzioni clamorose. Per la Corte, infatti, le norme di FIFA e UEFA vanno contro il diritto europeo in quanto «subordinano alla loro autorizzazione preventiva la creazione di competizioni di calcio per club quando tali norme non siano soggette a criteri materiali e a regole di procedura che ne garantiscano la trasparenza, l’obiettività, la non discriminazione e la proporzionalità»
  • e la questione sui diritti tv. Secondo la Corte, infatti, «le regole di FIFA e UEFA relative allo sfruttamento dei diritti mediatici sono dannose per i club calcistici europei, tutte le aziende che operano nei mercati dei media e, in ultima analisi, i consumatori e gli spettatori televisivi, impedendo loro di godere di nuove e potenzialmente innovative o interessanti competizioni».

Ora al di là delle minimizzazioni, quasi scontate da parte di FIFA, UEFA e delle leghe nazionali, è evidente che si può parlare se non di una data storica quantomeno di una data significativa per il calcio europeo. Non foss’altro perché ora Florentino Perez e Joan Laporta, presidenti rispettivamente di Real Madrid e Barcellona, possono lavorare in pace per organizzare un nuovo torneo senza incorrere negli strali o nelle squalifiche delle confederazioni continentali.

Per il momento però sembra molto presto per dire quello che succederà anche perché non si capisce ancora quali potranno essere i club interessati (timide aperture in Italia sono arrivate solo dal Napoli e dal Milan). E soprattutto perché almeno per i prossimi anni ci sono in tutta Europa contratti già firmati con i broadcaster sia in termini di tornei nazionali che di tornei internazionali. E le penali milionarie legate alla mancata osservazioni di questi contratti sono tali da scoraggiare qualsiasi iniziativa non ortodossa.

Insomma per vedere qualcosa di più pratico ci vorrà del tempo.

Questo detto non si può nemmeno sottacere l’importanza della sentenza e guardando la questione da un’ottica più ampia, si può dire che quello andato in scena giovedì è l’atto secondo di quanto portato alla luce nell’aprile 2021, quando i club diedero l’annuncio di voler creare una lega separatista. Quell’episodio fu un tentativo maldestro ed errato di organizzare un nuovo calcio europeo in maniera quasi carbonara ed elitaria. Ma nascondeva anche un mal di pancia sentito da 12 club (in ordine alfabetico Arsenal, Atletico Madrid, Barcellona, Chelsea, Inter, Juventus, Liverpool, Manchester City, Manchester United, Milan, Real Madrid e Tottenham) verso le modalità di gestone del calcio continentale da parte dell’UEFA. La vicenda di questa settimana non è altro che la sua prosecuzione. E il fatto che secondo A22, la società ora dietro il nuovo progetto, molti club tifino sottotraccia per la Superlega lascia pensare che i nodi siano ancora irrisolti secondo i vertici di molti club in Europa. Difficile pensare che, vista la sicumera con cui A22 ha presentato i propri piani che in questi due anni non ci siano stati colloqui e adesioni o almeno aperture alle discussioni da parte di club che ora non si vogliono esporre.

È evidente d’altronde che non è secondaria in tutta questa vicenda la grande sete di denaro che attanaglia il calcio in questo momento e il fatto che in molti ambienti della finanza internazionale si considera lo sport, e il calcio europeo in particolare, come uno dei comparti industriali più redditizi su cui investire, prova ne siano gli investimenti arabi e statunitensi. In questo quadro se la maggior parte dei grandi club al momento preferiscono essere ancorati alle confederazioni, a FIFA e UEFA (sono numerosissime le dichiarazioni dei club europei sul tema), quello di Florentino Perez e di Laporta sembra il tentativo di portare calcio europeo verso scenari come Formula 1 o motociclismo, dove i club non devono più passare tramite confederazioni per essere pagati. Infatti la UEFA oggi svolge di fatto anche il ruolo di intermediario finanziario con i club: ad esempio rispetto alla Lega Serie A, dove le società fatturano gli incassi dai diritti televisivi direttamente ai broadcaster, in ambito europeo invece i club fatturano i ricavi alla UEFA, che quindi svolge anche questo ruolo di intermediazione dal punto di vista finanziario per le società.

In questo quadro va segnalato il fatto che nel Regno Unito presto il governo potrebbe varare una legge che impedisca di aderire a qualsiasi lega al di fuori della UEFA. Una eventualità che secondo alcuni sostenitori della Superlega potrebbe essere l’occasione per creare il campionato della zona UE che molti ritengono necessario per contrastare la leadership della Premier League inglese e l’ascesa della Roshn Saudi League, il campionato dell’Arabia Saudita.

Insomma, come si vede, per tante questioni è troppo presto per dire come finirà, però è altrettanto vero che la Storia, quella con la S maiuscola, insegna che ci possono essere rivoluzioni come quella francese in cui il potere costituito non concedendo nulla, finì per essere travolto dalle istanze liberali della borghesia transalpina. Oppure al contrario come successe in Inghilterra queste stesse istanze non portarono a un ribaltamento nei poteri proprio perché la Corona concesse questi ammodernamenti.

LO SCONTRO SUI TEMI DEI DIRITTI TV E COMMERCIALI 

In tutto questo non va sottaciuto un non detto che circola nei palazzi, ovvero quello per cui secondo molti osservatori il fine ultimo di questa vicenda non è tanto quello di creare una nuova competizione ma quello di escogitare una sorta di deterrente nucleare per sedersi al tavolo delle trattative in posizione di forza nella ricerca di un nuovo modello di competizioni. Soprattutto sul tema della distribuzione dei proventi da diritti tv. In particolare, infatti, secondo la Corte UE le norme di UEFA e FIFA vanno contro le norme europee in quanto «attribuiscono a tali associazioni la responsabilità esclusiva per la commercializzazione dei diritti» a livello commerciale. E in questo quadro la possibilità è di muoversi su questo aspetto, magari sfruttando anche il potere dei club più importanti.

Perché se è vero che oggi tutte le società si siano schierate contro la Superlega, senza contratti firmati, nulla toglie che dall’oggi al domani possano entrare nel nuovo progetto. Magari per cercare di inserirsi nell’attuale sistema, partendo da una posizione di maggiore forza per garantirsi uno spazio oggi occupato da altri, tipo l’ECA o la stessa UEFA in materia di diritti tv e commerciali.

Quel che è certo infatti è che a nessuno converrebbe lo scontro definitivo: alle istituzioni perché dei tornei senza anche solo due o tre big ne risentirebbero e chiunque trionfasse si potrebbe parlare di di vittorie mutilate, ai club perché comunque partecipare ai campionati conviene sempre sia in termini economici e non solo.

LA SUPERLEGA, GLI ERRORI DEL 2021 E IL NUOVO FORMAT

Entrando nello specifico della nuova Superlega va segnalato come i suoi sostenitori sembrano avere imparato dagli errori commessi in passato. Una questione per esempio è quella del format, decisamente diverso da quello originario dell’aprile 2021. Questa volta si è partiti con le modalità di sviluppo del torneo e non con i nomi altisonanti. Soprattutto si è messo in evidenza come si tratterò di un sistema più aperto (un terzo dei club cambierà ogni stagione e arriverà dai campionati nazionali), anche se garantisce ai club principali di rimanere comunque nel sistema anche in caso di stagioni negative.

Il punto sarà capire quanto ne risentiranno i campionati nazionali. È vero che la Serie A, la Ligue 1, la Liga e via discorrendo serviranno per qualificarsi al nuovo torneo, ma con questo format ibrido resta il fatto che chi si troverà in Star League (il livello più alto della Superlega) avrà un doppio “cuscinetto” (la Gold League e la Blue League) in grado di garantirgli la permanenza all’interno del sistema anche in caso di stagione fallimentare. Una situazione che potrebbe portare a un maggiore disinteresse da parte dei top club nei confronti dei campionati nazionali, se non per la lotta al titolo, quanto meno per le altre posizioni di classifica.

Un’altra questione è il discorso delle partite gratis sulla piattaforma Unify, un escamotage che sembra pensato apposta per portare la massa di tifosi dalla propria parte. Potrà essere un modello sostenibile nel tempo? O solo un modo per dare il via al progetto in vista di abbonamenti pay futuri?

Non certo da ultimi c’è il tema dei finanziatori. Nel 2021 c’era JP Morgan e sicuramente se il torneo prenderà forma i big della finanza mondiale, istituti di credito o fondi di private equity, accorrerebbero. Però appunto se prenderà forma. Infatti è difficilmente ipotizzabile che una piattaforma gratuita riesca a generare ricavi da pubblicità sufficienti per superare la Champions attuale, al netto di contratti commerciali anche considerando che al momentoal nuovo torneo non parteciperanno, stando alle dichiarazioni ufficiali, le inglesi e numerose big europee.

Infine bisognerà evidentemente pensare alle sorti di un campionato senza le big e quali vantaggi avrebbe con Lega e FIGC che incasserebbero molto meno rispetto alle big della Superlega nel campionato.

Insomma come la si giri è ancora troppo presto per tutto, però è innegabile che la sentenza della Corte UE ha inserito una variabile non di poco conto nel panorama del calcio internazionale.