Gasperini: «In Europa chi vince perde perché ha bilanci spaventosamente in rosso»

Le parole del tecnico dell’Atalanta: «Noi non possiamo avere un miliardo di debiti, altre società se lo possono permettere».

Abodi Gasperini
Gian Piero Gasperini (Photo by Emilio Andreoli/Getty Images)

“La mia storia con l’Atalanta è meravigliosa, spero duri ancora a lungo, abbiamo raggiunto una dimensione importante. Questo è l’ottavo anno sulla panchina dell’Atalanta, in Italia sono l’allenatore più longevo su una panchina. Sono stato agevolato dall’aver trovato un ambiente in cui ci siamo consolidati a vicenda”. Lo ha detto il tecnico dell’Atalanta Gian Piero Gasperini, in una lunga intervista rilasciata a Radio Serie A con RDS.

“C’è sempre stato un rispetto totale tra me e la proprietà. Sono cambiati gli obiettivi nel corso degli anni, le difficoltà sono aumentate. Ogni giorno e ogni settimana si affronta una realtà nuova, c’è un avversario diverso, si pensa alla partita da giocare e si riguarda quella precedente. Le settimane passano così e non ce ne si accorge. È tutto molto accelerato, ci sono tante partite e il tempo sembra passare in fretta”.

“Difficile sopportarmi? Il calcio è una materia di confronto, non sempre si è d’accordo ma si possono creare delle basi per crescere e migliorare. Abbiamo diversi confronti, ma qui ho trovato una proprietà fantastica che mi ha sempre lasciato lavorare nel modo migliore. Periodicamente si possono avere visioni differenti, io sono un tecnico della società e faccio valere le mie idee, sempre nel rispetto della proprietà che è quella che, in assoluto, deve decidere. Quanto ho fatto guadagnare all’Atalanta? Non ho mai fatto il conto, ci sono stati tanti giocatori ceduti a grandi cifre. Ho sempre pensato a quello che la società sceglieva, in modo da valorizzare al meglio i giocatori e la squadra. 500 punti nella mia gestione? Sono tanti, soprattutto per una società che per tantissimi anni non aveva superato i 50 punti in campionato. È sicuramente un grande risultato”.

“Ilicic? A un certo punto lui ha cominciato ad avere dei sintomi, non stava bene. Lì si è completamente isolato e non sopportava il fatto di non poter tornare a casa, soffriva della lontananza dalla famiglia. Da quel momento ha avuto delle difficoltà, noi gli siamo sempre stati vicino. Ricordo la partita di Valencia, dove fece quattro gol: era tra i migliori giocatori in Europa, avrebbe potuto vincere il Pallone d’oro. Quando dovevamo andare a Lisbona contro il PSG, la settimana prima ero andato a trovarlo in una clinica: aveva perso 10-12 kg…”.

“Sogno scudetto? Io faccio sempre valutazioni tecniche. L’Atalanta viaggiava sui 40-50 punti di media, di colpo ha avuto un’evoluzione e i punti sono diventati più di 70. Per arrivare a vincere lo scudetto ne servono più di 80 probabilmente: non ci siamo ancora riusciti. Per noi, il traguardo possibile era la vittoria della Coppa Italia: l’abbiamo sfiorata due volte”.

“Tutte le altre competizioni sono difficili da vincere perché c’è una grande disparità tra le squadre: le big hanno risorse enormi in tutti i campionati. Le disparità economiche sono notevoli, i profitti maggiori arrivano dai diritti televisivi che però non sono divisi in maniera equa: è difficile competere. In Europa, chi vince perde, perché ha dei bilanci spaventosamente in rosso che vengono coperti da certi presidenti. L’Atalanta non può avere un miliardo di debiti, altre società se lo possono permettere”.

“Noi siamo riusciti ad essere competitivi perché i nostri dirigenti sono stati dei fenomeni a realizzare delle cessioni impensabili. Per stare in alto abbiamo bisogno di valorizzare, in modo da poter sostenere il tutto e continuare a prendere giocatori competitivi. Le offerte difficilmente si possono rifiutare. Solitamente chi vince lo scudetto si rinforza, aggiunge valore di continuo. Questo è il motivo per cui sarà difficile per l’Atalanta e tutte le squadre come noi fare come il Leicester anni fa: loro sono stati l’eccezione che ha confermato la regola. Non è vero che non si vince, si vince lo stesso: anche una piccola cosa può diventare una grande vittoria. Altrimenti lo sport diventa per pochi eletti”.

“Vicino alla nazionale? Sì, c’è stato un momento in cui ero stato contattato da Marcello Lippi, ma poi fu scelto Ventura. Io mi sento più pronto per una squadra di club, anche se alla Nazionale non diresti mai di no. Oggi è faticoso, per chi è abituato ai club, allenare le nazionali, perché c’è una sovrapposizione di partite incredibile. Una volta la pausa delle nazionali era più corta, ora è un problema per i club, ma anche per le nazionali che non riescono a soddisfare le loro esigenze. Noi cerchiamo di adattarci preparando le partite in modo più veloce”.

“Vicino alla Juventus? Anni fa, quando ero ancora al Genoa, c’è stato un momento in cui sono stato vicino alla panchina bianconera. Erano altri dirigenti, non ho più avuto contatti diretti con la Juventus. Io sono sempre stato impegnato e sotto contratto, sia col Genoa sia con l’Atalanta; quindi, non mi sono mai trovato nella condizione di essere libero di poter andare in qualche altra società. Qui sto bene, siamo arrivati a giocare la Champions, non ho bisogno di andare da altre parti”.

“Rimanere a vita all’Atalanta? Se questo è l’ottavo anno, è già un bel pezzo di vita. Non lo so, sono i risultati che determinano. La riconoscenza reciproca sarà a vita, quello sì. Quando smetterò? Non ci ho ancora pensato, mi piace allenare e stare in campo, sperimentando sempre. Continuerò fino a quando tutto questo sarà possibile”.