Pensioni, per i Millennials effetto manovra: orizzonte 71 anni e cifre ridotte

Solamente i più ricchi potranno aspirare ad “uscire” a 64 anni, dopo 20 anni di stipendi ad almeno 2.400 euro al mese.

Requisiti pensione Millennials
(Foto: MARCO BERTORELLO/AFP via Getty Images)

Ci sono forti segnali di “fine lavoro mai” per i Millennials, i pensionati di domani. «Diamo segnali a una platea di cui non si occupa mai nessuno, quella completamente contributiva», diceva Giorgia Meloni il 16 ottobre, a manovra appena approvata, a proposito delle pensioni. I Millennials, appunto: quanti hanno cominciato a lavorare dopo il 1996, per uscire a 64 anni dovranno poter avere almeno 1.700 euro di pensione.

E quindi aver incassato, per vent’anni, uno stipendio da 2.300-2.400 euro, non da tutti. Altrimenti – spiega La Repubblica – ci sarà da lavorare fino a 67 o 71 anni. Età non fisse che crescono e si allungano con la speranza di vita. In effetti un paio di segnali, nella seconda manovra del Governo, ci sono. Si parla di “coefficienti”, Multipli che l’ex ministra del governo Monti all’epoca volle inserire per garantire ai futuri pensionati “contributivi puri” di non avere pensioni da fame.

Quando si può andare in pensione? I multipli per i Millennials

Ma anziché agire sugli stipendi bassi, si pensò di vincolare le uscite. Dicendo che in pensione di vecchiaia – 67 anni con 20 di contributi – non si va se non con una pensione pari ad almeno 1,5 volte l’assegno sociale. E in pensione anticipata contributiva – a 64 anni con 20 di contributi – con un assegno di 2,8 volte superiore. Ai valori attuali, significa nei due casi non poter lasciare il lavoro se la pensione non arriva a 755 euro e 1.408 euro rispettivamente.

Cos’ha fatto allora il Governo Meloni? Ha abbassato l’1,5 volte che blindava la pensione di vecchiaia a 1. E ha scritto in legge di Bilancio che quando il Millennial avrà l’età – ad oggi pari a 67 anni – potrà andare in pensione se l’importo sarà almeno pari a 503 euro. Un traguardo senz’altro più alla portata anche di quanti hanno avuto una carriera lavorativa precaria. Ma che sembra ignorare tutto il contesto sia previdenziale che lavorativo di giovani ed ex giovani nati negli anni ‘70 e ‘80 e incappati in un’era di flessibilità prolungata e senza rete. Persone che non avranno l’integrazione al minimo.

C’è poi la nota dolente. Il requisito delle 2,8 volte, considerato una barriera troppo elevata da tutti gli esperti previdenziali. Il Governo Meloni lo ha inasprito e portato addirittura a 3,3. Quindi se non si ha una pensione da 1.659 euro (ma nel 2024 con l’inflazione siamo già nei dintorni dei 1.700 euro), non si può approfittare dell’unico canale positivo su cui i contributivi potevano contare: l’uscita anticipata a 64 anni con 20 di contributi.

Quando si può andare in pensione? Le soluzioni rimaste

Cosa rimane dunque ai Millennials? Con pochi contributi, si esce a 71 anni quando ne bastano 5 di versamenti. Altrimenti c’è la pensione anticipata classica. Oggi servono 42 anni e 10 mesi di contributi (un anno in meno per le donne). Ma il governo Meloni torna a far correre il calcolo della speranza di vita. Dal 2025 serviranno 42-43 anni.