Paul Pogba è stato trovato positivo al testosterone sintetico durante il controllo anti-doping effettuati al triplice fischio della prima giornata di campionato in cui la Juventus era impegnata a Udine. Nell’occasione il centrocampista francese era rimasto in panchina per tutti e i 90 minuti.
Come riporta l’edizione odierna de La Gazzetta dello Sport, ora Pogba chiederà di effettuare le controanalisi con la speranza, abbastanza labile, di ribaltare l’esito di quelle incriminate. In caso di conferma della presenza proibita nell’organismo del campione del Mondo del 2018 con la Francia, partirebbe la procedura standard: istruttoria della procura antidoping (archiviazione, patteggiamento o deferimento) ed eventuale processo sportivo davanti al Tna (Tribunale Nazionale Antidoping).
Il codice di giustizia sportiva punisce i casi di doping con una squalifica massima di quattro anni che, considerando l’età di Pogba (il prossimo 15 marzo compirà 31 anni) potrebbe mettere la parola fine alla propria carriera da calciatore. Questo accade quando l’assunzione delle sostanze è “intenzionale”. I termini della sospensione potrebbero essere dimezzati se il calciatore dimostrasse che la sostanza incriminata sia stata presa in modo “non intenzionale”. Ma qui siamo nel campo dei pronostici e spingersi troppo in là in queste vicende è rischioso, basti ricordare il caso Palomino, assolto dal Tribunale Nazionale Antidoping, ma ancora in attesa di giudizio davanti al Tas.
La cosa certa, a questo punto, è che Pogba e la Juventus non hanno formulato nelle settimane scorse una richiesta di esenzione terapeutica motivata da un problema di salute. Un’apposita commissione di Nado Italia, l’organizzazione che gestisce le operazioni antidoping nel nostro Paese, approva o rigetta la richiesta. Questo meccanismo a quanto sembra non si è attivato. In base alle procedure previste a garanzia dell’atleta, si può anche chiedere un permesso retroattivo, ma tutto questo avviene solo nel caso sia stato necessario «eseguire un trattamento di emergenza o un trattamento urgente» o «se non c’è stato tempo sufficiente, non vi è stata la possibilità a causa di altre circostanze eccezionali non è stato possibile trasmettere la domanda prima del controllo».
In queste ore i legali del calciatore, che possono contare sull’appoggio di quelli della Juventus, attendono le controanalisi ma stanno già procedendo a pianificare una linea di difesa. Intanto, nel comunicato del Tna, si fa riferimento anche all’esame IRMS (quello della spettrometria di massa) che ha dato esiti “compatibili” con il primo risultato analitico. Il testosterone è una specie di “nonno” del doping, ma in effetti il suo uso è stato negli ultimi anni scoraggiato dalla capacità dei sistemi di controlli di individuare la sostanza. Sostanza per la quale è tuttora squalificato Alex Schwazer.
Nella casistica calcistica, ci sono pochi precedenti. E non in Serie A. Per trovare un caso recente bisogna andare in Africa: un anno fa la FIFA ha squalificato per quattro anni il nazionale Sabri Ali Mohamed. Andando un po’ più indietro nel tempo, si trova, nel 2015, uno studio sui controlli di 879 calciatori della Champions del periodo 2008-2013. Questo evidenziò “valori anomali” di testosterone per il 7,7% dei soggetti controllati. La UEFA, però, disse che non c’era alcuna certezza della provenienza esogena della sostanza e concluse con un «non è doping». Da lì non si sentì più parlare di testosterone nel calcio, fino a fulmine a ciel sereno di ieri sera.