Roberto Mancini in Arabia: il nodo delle tasse sullo stipendio

L’ex commissario tecnico della Nazionale ha firmato un contratto valido fino al 2027 da 18 milioni di euro netti all’anno, a cui si potrebbero aggiungere dei bonus fino a un massimo di 6 milioni.

Tasse stipendi Arabia Saudita
Roberto Mancini (Foto: FAYEZ NURELDINE/AFP via Getty Images)

Nel pomeriggio di ieri è ufficialmente inizialmente l’avventura di Roberto Mancini come commissario tecnico dell’Arabia Saudita. L’ex Ct della Nazionale ha infatti firmato, al fianco del presidente della federcalcio saudita Yasser Al Misehal, il proprio contatto valido fino al 2027.

Come riporta l’edizione odierna del La Repubblica, Mancini si è garantito così un ingaggio annuale netto di 18 milioni di euro annui, a cui si possono aggiungere un massimo di 6 milioni come bonus per una cifra finale che andrebbe così a toccare quota 24 milioni di euro (un po’ meno rispetto ai 30 milioni annui inizialmente ipotizzati).

Come affermato dallo stesso Mancini durante la conferenza stampa di ieri, i contatti con la Federcalcio saudita sono iniziati a metà agosto, poco dopo le sue dimissioni, che devono essere ancora accettate, da commissario tecnico dell’Italia, avvenute il 13 agosto scorso. «La passione dei tifosi e la presenza di grandi campioni stranieri faranno crescere una squadra che al Mondiale ha battuto l’Argentina, permettendomi di mantenere il record delle 37 partite d’imbattibilità con gli Azzurri», ha commentato Mancini.

Vista l’immediatezza della trattativa, Mancini è ora al lavoro per completare il proprio staff che lo accompagnerà in questa nuova avventura. I nomi che circolano sono gli stessi che hanno lavorato con lui negli anni a Coverciano per la Nazionale. Ad attirare Mancini, come è successo per i tanti calciatori volati nel paese saudita ed eventualmente valido per i futuri collaborati del nuovo Ct dei “Falconi Verdi”, sono anche le condizioni fiscali che ben si sposano con le cifre monstre garantite come ingaggio dal fondo governativo PIF, vero e proprio grande regista della rivoluzione calcistica in corso in Arabia Saudita.

Tasse stipendi Arabia Saudita – Come funziona il sistema di tassazione

Nel paese arabo le tasse esistono e incidono per il 22% sul reddito dei cittadini residenti in Arabia Saudita. Questa quota, però, scende al 2% se si tratta di cittadini stranieri che per motivi lavorativi si trasferiscono in Arabia Saudita, calciatori compresi. Questa percentuale viene tuttavia versata interamente dal datore di lavoro stesso, motivo per cui le tasse sono praticamente “a zero” per gli stranieri che si trasferiscono in Arabia per motivi di lavoro.

I cittadini sono inoltre tenuti a versare un 2,5% dei propri introiti alla cosiddetta Zakat, la tassa prevista dalla legge islamica destinata a un fondo di solidarietà per cause caritatevoli. Un sistema di solidarietà popolare. Gli stranieri non appartenenti ai Paesi del Consiglio di Cooperazione del Golfo sono però esentati, a meno che non decidano di pagarla volontariamente per motivi religiosi, cosa non da escludere visto il buon numero di calciatori musulmani che stanno andando in Arabia, su tutti l’ex attaccante del Real Madrid Karim Benzema.

Tasse stipendi Arabia Saudita – La questione della residenza

Insomma i calciatori, da Cristiano Ronaldo in poi, oltre a trovare ingaggi faraonici, in Arabia hanno a disposizione anche un regime fiscale praticamente nullo. Ma questo (CR7 a parte, trasferitosi ormai da quasi un anno) sarà valido dal 1° gennaio 2024. Infatti, per i primi mesi di contratto, fino allo scattare del nuovo anno, i calciatori sono tenuti a versare le tasse nel paese di residenza precedente al proprio trasferimento in Arabia Saudita. Brozovic e Milinkovic-Savic, per esempio, pagheranno le tasse in Italia, Kessie in Spagna e così via.

Lo stesso discorso vale ovviamente per Mancini e il suo futuro staff. Infatti per passare al regime fiscale saudita, questi dovranno attendere il 1° gennaio 2024 e spostare la residenza fiscale in Arabia Saudita. Per farlo però dovranno avere una presenza nel paese arabo per un minimo di 183 giorni e non avere in Italia «il centro prevalente degli interessi economici e affettivi». Se una di queste due condizioni non venisse rispettata, ecco che Mancini e il suo staff sarebbero soggetti al regime fiscale italiano che prevede una ritenuta d’acconto in questi casi che può arrivare fino al 20% del reddito, percentuale che sale al 43% se si ci trova in Italia. Mancini e il suo staff, per non pagare le tasse italiane, e godere dei benefici sauditi, dovranno trasferirsi, insieme alla moglie ed eventuali figli a carico, in Arabia Saudita e rimanerci per un minimo di 183 giorni nell’anno solare.