Gianpaolo Calvarese, ex arbitro di serie A con all’attivo più di 300 gare nella massima serie considerando tutti i ruoli (arbitro, VAR e arbitro addizionale), è ora imprenditore nell’azienda di famiglia che produce integratori sportivi naturali Aperegina. Inoltre ogni mercoledì sera di Champions League è parte della scuderia di Amazon Prime Video per commentare nella Var Room il match trasmesso dal broadcaster in Italia.
L’ex direttore di gara teramano, dopo alcuni interventi su Calcio e Finanza, ha deciso di proseguire la collaborazione con la nostra testata inviando un contributo sulle recenti novità arbitrali portate avanti dal designatore Gianluca Rocchi.
La notizia di oggi sui giornali è la sospensione degli arbitri Di Bello e Fourneau, protagonisti della direzione di Juventus-Bologna (il secondo nel ruolo di VAR). Secondo la Gazzetta dello Sport, Di Bello dovrebbe rimanere fermo per circa un mese. Il designatore Rocchi ha ravvisato un grave errore nel match dello Stadium: la mancata assegnazione del calcio di rigore per il contatto Iling Jr-Ndoye nell’area del Bologna. A rischiare lo stop sarebbe anche Maurizio Mariani, che a San Siro in occasione di Milan-Torino ha assegnato ai rossoneri due rigori su cui non sono mancate le discussioni.
L’errore di Di Bello e Fourneau è grave: su Ndoye era rigore al 100%, e il VAR sarebbe dovuto intervenire sicuramente, anzi preoccupa non poco che arbitri esperti sbaglino partite con un coefficiente di difficoltà ancora basso (non erano dei veri e propri big match).
Fa male però sentir parlare ancora di sospetti. Non si capisce perché un calciatore possa sbagliare e un arbitro no: quello dello Stadium è un errore grave, ma come ce ne sono in qualsiasi campionato. Nella scorsa annata ne furono certificati poco meno di dieci in totale. Sarà interessante al proposito ascoltare gli audio del colloquio fra arbitro e VAR, che presumibilmente chiariranno la dinamica: Di Bello avrà pensato che i due calciatori siano arrivati contemporaneamente, il VAR non avrà colto l’errore di valutazione dell’arbitro di campo non essendoci il pallone che viene raggiunto dai calciatori. Superficialità, non malafede.
Ma la dietrologia e il sospetto si scontrano con la realtà anche per altri motivi. Lo si capisce analizzando la logica e le conseguenze di un “fermo” arbitrale. Quando un arbitro viene “panchinato” per qualche settimana, questo serve anzitutto a preservarlo mediaticamente: una forma di protezione da potenziali critiche, un modo per non “bruciarlo”, per non comprometterlo ulteriormente.
Ma soprattutto: per tornare ai vertici, dopo uno stop, il percorso è lungo. Si riparte dalla Serie B, si continua col VAR, poi con qualche partita da quarto uomo. Ci vogliono mesi per tornare a dirigere una partita di livello medio in Serie A, ancora di più per un big match. Non solo, perché se un calciatore non gioca per mesi continua a percepire il suo stipendio dal club, mentre non accade lo stesso a un arbitro, che smette di incassare i cospicui “gettoni” corrisposti a ogni direzione, subendo anche un danno economico.
Di fronte a queste evidenze ogni sospetto deflagra: perché sbagliare “di proposito”, se le conseguenze sono così gravi?