L’ex sindaco Albertini: «San Siro? Finirà in tragedia. I verdi talebani vanno tenuti lontani dalle decisioni»

Le parole dell’ex primo cittadino milanese: «Se sei attendista finisci bollito come la rana. Non so cosa ci sia da salvaguardare a San Siro, ma temo che sarà una tragedia»

san siro
(Foto: Claudio Villa/Getty Images)

«San Siro? Sono molto dispiaciuto, questa vicenda è partita male. Purtroppo le soprintendenze, come tutte le burocrazie, sono molto sensibili all’orientamento politico di base. Non voglio dire che si piegano le decisioni ma tendenzialmente sono sintonizzate». Lo ha detto l’ex sindaco di Milano Gabriele Albertini, primo cittadino milanese dal 1997 al 2006, in una intervista al Giornale.

«Il sindaco Sala e la giunta si sono comportati come nella teoria della rana bollita del filosofo Chomsky. La rana finisce bollita perché entra nella pentola con l’acqua fredda, poi si accorge che è un pochino più tiepida e infatti ci sta meglio. Poi diventa più calda e si dice “mah, ritornerà come prima“. E quando è proprio sgradevole e inizia a scottarsi non ha più la forza di uscire e finisce bollita. È la metafora dell’attendismo».

«Sala ha pensato che la cosa potesse essere rinviata sine die. Ogni decisione, lo dice l’etimologia, significa “cedo, taglio“ e quindi scontento qualcuno. Se da sindaco avessi seguito questi contrasti i grattacieli di Porta Nuova non sarebbero mai nati».

«Allora c’erano i centri sociali guidati da Maurizio Baruffi e dagli altri verdi talebani che venivano a impedire l’inizio dei lavori con le ruspe e Milly Moratti che assoldava un collegio di eminenti amministrativisti per darci addosso. Celentano scriveva di “un albero di 30 piani“ additandomi al ludibrio dell’opinione pubblica. Quando abbiamo finito i lavori quegli stessi verdi hanno lodato la rigenerazione urbanistica, “Milano com’era e com’è“ (sui volantini elettorali del Pd), si sono attribuiti il merito di quello che hanno provato a impedire. Lo stesso sarebbe avvenuto per San Siro».

«Ripeto che se sei attendista finisci bollito come la rana. Non voglio attribuire al povero Sala questa stangata della soprintendenza, peraltro incomprensibile, non so cosa ci sia da salvaguardare a San Siro come peraltro al carcere di San Vittore, ma temo che sarà una tragedia».

«Le squadre hanno detto dall’inizio che il Meazza non andava più bene e hanno proposto l’unica cosa sensata, raderlo al suolo e farne uno nuovo bellissimo, il progetto della “Cattedrale“ sì sarebbe stato un’opera da tutelare. E in più avrebbero portato 1,5 miliardi di fondi privati per riqualificare tutta quell’area desolata. Che resterà com’è. Lo stadio senza il calcio sarà un rudere, non ci saranno le risorse sufficienti per mantenerlo, e ci sarà qualche concerto ma quante volte all’anno vengono Springsteen o Madonna, personaggi in grado di riempirlo? Un danno enorme per la città e per il Comune».

«I verdi talebani devono essere tenuti lontani dalle decisioni, sono involutive e danneggiano la città. Poi, mi ripeto, se un’amministrazione è determinata e ha gli argomenti seri per fare le cose la soprintendenza abbozza. A noi non hanno bloccato il restauro della Scala e la trasformazione di 11 milioni di metri quadri della città. Erano giuste e c’era la volontà sicura e la capacità di affrontare l’impietoso calvario del confronto con i dissidenti e decidere. Qualsiasi leader democratico deve farlo se accetta la responsabilità che gli viene conferita».