Lotito: «Berlusconi mi chiese di prendere la Lazio. Ho salvato lo sport italiano dal fallimento»

Le parole del senatore e patron dei biancocelesti: «Al calcio italiano non mancano i giocatori, ma i presidenti. Manca la competenza al vertice».

Lazio bilancio 2023
Claudio Lotito (Foto Andrea Staccioli / Insidefoto)

Senatore, presidente della Lazio, presidente o vice di varie commissioni parlamentari (Bilancio e Finanza), ma anche consigliere in FIGC e Lega Serie A, una vita piena di impegni per Claudio Lotito. «Tempo per la Lazio? Poco, rispetto a prima, però io sono un uomo di risposte, ho la capacità di fornire soluzioni concrete, rapide e efficaci. Parlo con l’allenatore…», racconta il patron biancoceleste in una lunga intervista al Corriere dello Sport.

«La Lazio… mi avevano dato un mese di vita come presidente. Me la fece prendere Berlusconi. Lo conoscevo da trentacinque anni, costruzioni. Stava salendo su un aereo, mi telefonò e disse: “Claudio, mi hanno detto che sei l’unico che può mettere a posto questa drammatica situazione, dammi una mano, chiama Marinella” (la storica segretaria, nda). Non una parola di più. Attaccò e parti. Era il 19 luglio del 2004, la Lazio fatturava allora 84 milioni l’anno e ne costava 86,5, aveva 550 miliardi di debiti, ovviamente non miei. Misi 150 miliardi di lire e mi caricai 1070 miliardi di debiti… Non resisterà più di un mese, dicevano. Nei primi anni ero la macchietta, oggi tutti mi riconoscono le capacita. Sono un uomo di sfide, io».

«Berlusconi era un grande perché aveva una visione, anch’io abbatto i muri. Ho introdotto la multiproprietà nel calcio, che non è la seconda squadra. La seconda squadra è una cazzata, va avanti con le risorse della prima. La seconda società invece garantisce i ricavi del territorio. Leggo che l’Uefa vuole aprire alle multiproprietà. lo sono stato obbligato a vendere la Salernitana per 10 milioni alle 23 e 55 dell’ultimo giorno. Me l’hanno sottratta. L’avevo presa dal fondo e portata in A. Altre cose ho introdotto».

«La quotazione in Borsa con il sistema duale. L’azionariato flottante costituiva un enorme ostacolo operativo. La seconda, la transazione col fisco, primo in Italia, altro che aiuto di Stato: 6 milioni l’anno per 23 anni, sono un signor contribuente, pago con quattro mesi d’anticipo. Scadenza il primo aprile, io ho versato nel 2021 il 7 novembre e l’anno scorso il 17, sempre di novembre. Terzo? La rivalutazione del marchio, da valore storico a commerciale. Lazio Marketing Communications tratta questo aspetto e garantisce 10, 12 milioni di utile l’anno».

«Milinkovic? Gli avevo offerto il rinnovo a una cifra blu. E arrivato il suo procuratore e m’ha detto che l’Arabia garantiva 20 milioni l’anno, 18 netti già tassati. Il giocatore ‘ha confessato che cercava qualcosa di nuovo. Quando mi hanno spiegato che c’erano 15 milioni per la Lazio ho risposto che 15 o zero per me era lo stesso e che gli avrei fatto fare tanti giri di campo a Formello. Quindici sono diventati venti, poi trenta, infine quaranta. Al calcio italiano non mancano i giocatori, ma i presidenti. Manca la competenza al vertice».

«Diritti tv? Sono circondato da masochisti, non sappiamo vendere il prodotto. Aurelio dice che è tutta una merda. Ma si può? E gli altri lo seguono. Abbiamo enormi potenzialità invece. Dovremmo occuparci delle infrastrutture prima che dei diritti tv. Io tra l’altro la media company ce l’ho già… Il nostro è il calcio del mors tua vita mea, tutti curano solo gli interessi individuali, io ho sempre lavorato per il sistema. Pensa al decreto salvacalcio, non salvaLotito. Se non mi fossi battuto per farlo passare non solo il calcio, ma tutto lo sport italiano sarebbe fallito. Il cinema ha avuto un miliardo, noi lo spostamento delle tasse con i relativi interessi».

«Stadio della Lazio? Stavo per costruir ne uno nei miei terreni, ma Veltroni mi bocciò il progetto. Si arrivava anche con il battello, la rete viaria era perfetta. Chi ti dice che non ci stia lavorando oggi…», conclude Lotito.