Gravina: «Diritti tv? Ci eravamo illusi con i risultati dei club in Europa»

Le parole del presidente FIGC: «La domanda che ci dobbiamo porre è se sia giusta la qualità del prodotto che noi offriamo. Su questo probabilmente dobbiamo fare una riflessione».

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Gabriele Gravina (Photo by Paolo Bruno/Getty Images)

“È chiaro che l’offerta debba essere direttamente proporzionale anche alla qualità del prodotto che viene messo sul mercato. Tutti pensavamo, forse ci eravamo un po’ illusi, che i risultati delle squadre italiane avrebbero dato un appeal. Ma la domanda che ci dobbiamo porre sul made in Italy, che l’Italia ha perché ha una forza scolpita nella storia, è se sia giusta la qualità del prodotto che noi offriamo. Su questo probabilmente dobbiamo fare una riflessione su un progetto molto più ampio e complesso”. Lo ha detto il presidente della Figc Gabriele Gravina, a margine del Consiglio Federale, parlando delle difficolta’ della Lega Serie A nella vendita dei diritti tv a un prezzo competitivo per il quinquennio 2024/29.

“Noi viviamo all’80% sulle revenue collegate ai diritti. Dove il nostro mondo, quello legato alla Figc e tutte le componenti per caduta, siamo soci di minoranza, in base alla legge Melandri”, prosegue Gravina, specificando come “un danno alla Lega Serie A è un danno a tutto il sistema calcio. Noi non solo tifiamo ma vogliamo essere protagonisti in questo percorso. Siamo disponibili a discutere con la Lega di A assegnandogli delle Golden share e tutto quello che la Lega ritiene opportuno per migliorare la qualita’ di questo prodotto”, aggiunge Gravina.

“Il calcio, non essendo escluso dal fenomeno della globalizzazione, è soggetto a tensioni di mercato continue a livello internazionale. Dispiace che si possa seguire solo il flusso di denaro”, prosegue il presidente FIGC commentando il calciomercato che sta portando in Arabia tantissimi calciatori dai massimi campionati europei.

“Si sta perdendo il radicamento al territorio e l’appartenenza ai club – le parole di Gravina – C’è un mercato di soggetti che hanno voglia di veicolare sempre di più gli atleti, sganciandoli da impegni contrattuali a fronte di vantaggi economici. Questo fa saltare gli schemi”. Poi conclude: “Per uno come me che ama la dimensione del mondo diversa da quella economica e che è quella che ci sta dando forza di progettualità in questo periodo, è chiaro che questo non è un percorso che condivido, ma purtroppo bisogna tenerne conto”.