Zhang: «Vogliamo rinegoziare il prestito con Oaktree. Troveremo una soluzione»

Il numero uno dell’Inter ha rilasciato una lunga intervista nella quale ha parlato anche del nuovo stadio, del main sponsor e di come si lavora in società.

Accordo Suning Pimco
(Foto: Francesco Pecoraro/Getty Images)

Alla vigilia della finalissima di Champions League con il Manchester City, il presidente dell’Inter Steven Zhang prova a fare un bilancio di questa stagione e di questi anni. In una lunga intervista rilasciata a La Gazzetta dello Sport, il numero uno del club nerazzurro ha parlato di tanti temi diversi, anche sul fronte economico: dagli investimenti al prestito di Oaktree.

«Ad essere onesto, lo avevo solo sognato», esordisce a proposito della finale di Champions. «E pensavo, guardando il momento del calcio e le differenze tra alcune Leghe, che sarebbe stato difficile arrivare a un traguardo del genere. Nonostante le risorse ingenti che Suning ha investito nell’Inter, a volte spendendo anche più di certe squadre inglesi, a causa dei diversi introiti dai diritti tv esiste ancora un gap enorme tra Premier e Serie A. Però il grande fascino dello sport e del calcio è che non sempre il denaro è tutto e alla differenza di risorse a volte si può sopperire con le idee, la competenza e la passione».

Sull’importanza di trovare un equilibrio tra conti e passione, Zhang ha le idee chiare: «E’ un rischio che corro durante il calcio mercato quando voglio comprare subito i calciatori migliori e non guardo il budget o il bilancio. Sì, a volte accade che la passione travolga la parte razionale, quando si fanno acquisti o si decide di non cedere… Spesso chiedo al nostro ds Ausilio: “Piero,non è che stiamo facendo un errore?” Il dialogo con i miei dirigenti è fondamentale per cercare quel famoso equilibrio tra razionalità e passione».

Zhang torna anche sulle contestazioni di inizio stagione, a seguito dell’acquisto di Acerbi, rivelatosi poi un uomo chiave: «Intanto c’è da dire che i contestatori erano davvero un gruppo molto esiguo, e poi che il calcio come la vita presenta degli up and down: ci sono fasi di problemi e fasi di gioia. Fa parte del gioco. Il lavoro di un presidente o di un Ceo è simile a quello di un allenatore: spesso si è soli, e va accettato».

Si passa poi ad aspetti più finanziari, con il prestito di Oaktree tra le future scadenze: «È un fondo importante gestito da persone molto professionali. Abbiamo intenzione di rinegoziare il prestito. Troveremo una soluzione insieme per il rifinanziamento. Finchè ci sarò io, ci sarà un’Inter stabile e competitiva». E a proposito delle voci su una possibile cessione, aggiunge: «Siamo un grande club, so che per molti vedere il proprio nome accostato all’Inter regala visibilità. Sono come i rumors di mercato, basta ignorarli».

Sulla necessità di fare crescere i ricavi: «E’ un argomento strettamente legato ai diritti tv, nazionali e internazionali. Più audience e visibilità hai, più sponsor attiri. Nel post Covid purtroppo tante aziende sono diventate più prudenti e sono attente al budget». Poi, a proposito del main sponsor aggiunge: «Abbiamo tre o quattro candidature importanti. Non so ancora dire quale sarà scelta. Vogliamo un brand adatto all’Inter e stabile».

Capitolo nuovo stadio: «È lo stesso problema dei diritti tv. C’è difficoltà ad accettare cose nuove e a cambiare passo. Inter e Milan sono due club in competizione ma con il medesimo obiettivo di crescita. Uno stadio in comune lo garantirebbe più di due impianti. L’idea dell’Inter è sempre stata questa. Il Milan invece ha cambiato 4 proprietà e altrettante idee». E sulla possibilità di restare a San Siro: «No la nostra priorità è un nuovo stadio, con o senza il Milan».

 

Zhang regala anche un aneddoto curioso sul passato: «Spesso le aziende straniere quando vanno all’estero fanno l’errore di non capire com’è la cultura del Paese. Se pensi di dominare il mercato senza conoscerlo, rischi solo di essere arrogante. Sei o sette anni fa quando arrivai in Italia fu Urbano Cairo a darmi il primo consiglio: se vuoi vincere hai bisogno di qualcuno che conosca bene il nostro calcio e come funziona un club. E poi mi fece il nome adatto: Beppe Marotta. Se vuoi stare in un Paese devi anche saperti adattare a quel Paese. Io ho bisogno di manager italiani».

In chiusura, una battuta sul tema Superlega e i rapporti con la UEFA: «La Superlega non aveva il giusto format però era un tentativo di innovare e cambiare. Utile soprattutto per i club italiani che erano indietro rispetto agli altri. Ma non volevamo entrare in conflitto con l’Uefa. E La Champions League resta oggi il miglior torneo possibile».