Marco Tronchetti Provera, azionista e numero uno operativo della Pirelli, ha chiesto al governo italiano di agire per impedire al gruppo cinese Sinochem la presa del controllo sulla società italiana. È questa l’estrema sintesi, riportata dall’agenzia Mf-Dow Jones, delle richieste avanzate da Camfin nell’audizione di ieri di fonte alla Commissione governativa sul “Golden Power”.
Per Camfin (che detiene il 14% della Pirelli) il gruppo cinese a controllo statale Sinochem (primo socio con il 37%), è pericoloso mette a rischio l’indipendenza della società. Un’audizione con gli esponenti di Sinochem si è già svolta nei giorni scorsi, mentre ne è prevista un’altra con terze parti tecniche. La Commissione è composta da tecnici di tutti i ministeri interessati (Mef, Mimit, Esteri oltre che presidenza Consiglio) e dovrà esaminare se e in che modo applicare il potere in capo al governo italiano di imporre vincoli e obblighi a soci stranieri nel capitale di società italiane.
Il caso è emerso dopo che, lo scorso anno Sinochem (tramite Marco Polo Int.) e Camfin hanno rinnovato il patto di sindacato che governa la società e che entrerà in vigore con la prossima assemblea della Pirelli. Nel nuovo patto, peraltro firmato un anno fa, Sinochem avrà più poteri nel nominare il CEO. E secondo Camfin l’atteggiamento dei cinesi è ora cambiato e minaccia non solo la governance, ma anche la sicurezza della società.
Il socio cinese, in particolare, sarebbe impegnato ad adottare le linee guida indicate dal premier e segretario del Partito comunista Xi Jinping al 20° Congresso per aumentare il livello di controllo politico e la composizione dei quadri dirigenziali nelle partecipate. Sarebbe inoltre emersa l’intenzione di integrare i sistemi informatici delle controllate Pirelli in Cina con i sistemi di Sinochem per consentire la condivisione simultanea delle informazioni.
Per il governo Meloni la questione è soprattutto geopolitica. Pirelli è diventato una sorta di caso pilota per i futuri rapporti tra Italia e Cina. La strada sembra quella tracciata dal ministro delle Imprese Adolfo Urso, che ritiene strategici i rapporti commerciali e anche industriali con la Cina. In questa chiave una decisione radicale sul caso Pirelli, quale la sterilizzazione della quota o l’obbligo di cessione, appaiono difficilmente compatibili. Più ragionevole è immaginare un intervento a livello di governance, almeno nel breve periodo.