Samp, i costi del fallimento: servono 100 milioni per tornare in Serie A

In caso di fallimento, la risalita dalla Serie D richiederebbe investimenti per migliorare la rosa e mantenere spese di gestione difficili da colmare con meno ricavi.

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(Foto: Simone Arveda/Getty Images)

Nei tanti colloqui dei quali è stato protagonista il Consiglio di amministrazione della Sampdoria, fra cui quelli con la Covisoc e la FIGC, è stato affrontato anche lo scenario del fallimento, che vedrebbe i blucerchiati costretti a ripartire dalla Serie D e cosa questo comporterebbe agli eventuali investitori che andrebbero a rilevare la società.

Come riporta l’edizione odierna de Il Secolo XIX, l’eventuale rilevazione della Sampdoria qualora la società fosse costretta a ripartire dai dilettanti, avrebbe costi rilevanti visto che oltre ai debiti sportivi, bisognerebbe produrre, tra le altre cose, fideiussioni a garanzia di tutti i contratti federali in essere per la loro rimanente durata. In breve, dopo alcuni rapidi conti, sarebbe più conveniente prelevare le quote blucerchiate ora che aspettare che venga ceduto il ramo d’azienda.

Da considerare, e il CdA lo ha fatto, che i ricavi in Serie D, dove si partirebbe con un numero diverso di matricola rispetto a quello attuale, arriverebbero praticamente dalla sola vendita dei biglietti, con una riduzione del 50% rispetto agli incassi attuali. Per quanto riguarda gli investimenti, che certamente saranno superiori alle entrate, il budget per costruire una squadra che punti subito al professionismo si può aggirare sui 3-5 milioni di euro. A questa cifra, va aggiunto 1 milione per l’affitto del Ferraris, il costo del settore giovanile e del personale che va mantenuto in vista del ritorno al calcio professionistico, che i blucerchiati, in caso di ripartenza dalla D, sperano che possa avvenire nel più breve tempo possibile.

Si aggiunge anche il costo per mantenere la concessione del campo di allenamento del Mugnaini, per la quale bisogna ritrattare i termini con il comune di Bogliasco. In caso di nuovo accordo, però, rimarrebbero i costi per terminare i lavori per il nuovo centro sportivo per un totale di circa 30 milioni. Poi sarà da rivalutare il riacquisto del nome Sampdoria e di tutti i simboli che sono adesso in pancia al club.

Queste cifre, fin qui elencate, rappresentano solo un punto di partenza, quello della Serie D, a cui bisogna aggiungere poi la risalita nel calcio professionistico. Un campionato di vertice di Serie C comporta investimenti che possono andare dai 10 ai 15 milioni, a  cui vanno sempre aggiunti costi di gestione più alti mano a mano che si va avanti e che possono oscillare tra i 5 e i 10 milioni. In due anni, quindi, l’investimento totale supera i 60 milioni per avvicinarsi di molto ai 70.

Ammesso e non concesso che la scalata sia repentina e senza incidenti di percorso, che farebbero aumentare gli investimenti e le spese, si arriverebbe così in Serie B, dove i ricavi iniziano a salire, ma non siamo ancora ai livelli della massima serie, che per essere raggiunta comporta altri sacrifici per 20-30 milioni per la costruzione di una rosa che possa giocarsi la vittoria finale di un campionato imprevedibile come quello cadetto.

Dopo questo rapido resoconto, tra l’altro senza alcun inciampo nella risalita dalla Serie D alla A, il conto per chi preleva la Sampdoria, che avrà cambiato nome nel frattempo, recita 100 milioni o poco meno, senza contare che una volta nella massima serie i ricavi da diritti tv, per esempio, non sarebbero come quelli attuali, visto che la quota cresce di anno in anno anche in base alla permanenza in Serie A.