Il gruppo LVMH, Louis Vuitton Moet Hennessy, riscrive la storia della finanza europea visto che è il primo conglomerato a superare la soglia dei 500 miliardi di dollari di capitalizzazione ed è la sola impresa europea a entrare nella top 10 delle grandi aziende del mondo. Questo risultato arriva dopo che il suo Ceo, Bernard Arnault, è stato nominato l’uomo più ricco del mondo dall’autorevole rivista statunitense Forbes.
Con un patrimonio di 211 miliardi di dollari, Arnault (in passato accostato anche al Milan, ma senza che vi fosse mai la concreta possibilità di un suo acquisto del club rossonero, anzi ipotesi più volte smentita) precedente nella speciale classifica Elon Musk, il fondatore di Tesla, fermo a 180 miliardi. Come riporta l’edizione de Il Corriere della Sera, l’impero LVMH scalza del decimo posto mondiale Visa e potrebbe a breve superare anche Tesla (505 miliardi di capitalizzazione) e Meta, il colosso dei social di Mark Zuckenberg (550 miliardi).
Da quando Arnault è al controllo di LVMH, dal 1988, il giro di affari si è moltiplicato per 32 volte, i profitti per 46 e il valore della Borsa per 69 con il titolo LVMH che sfiora ormai i 900 euro e potrebbe presto sfondare quota 1000. «Anche l’azione è un prodotto di lusso», dice Arnault. Tra le cause immediate si possono citare innanzitutto la forte ripresa della domanda cinese seguita alla fine della politica «zero Covid», l’euro forte rispetto al dollaro e il generale rialzo della domanda nel settore del lusso.
La crescita del 17% nel primo trimestre 2023 è andata al di là delle previsioni degli analisti, ma Arnault aveva commentato così i risultati del 2022: «I leader cinesi, molto accorti, asseconderanno certamente la ripresa della crescita in Cina e se questo è il caso abbiamo ogni ragione di essere ottimisti quanto ai risultati nel mercato cinese». Ma accanto a questi motivi più di breve termine, è il modello di LVMH costruito nei decenni a rivelarsi vincente.
Il periodo di pandemia è stato superato, con perdite contenute per quanto possibile, grazie a filiere di approvvigionamento sicure che hanno continuato a portare le materie prime di qualità necessarie ai 75 marchi che sono all’interno del conglomerato LVMH. Un altro fattore fondamentale è stata la diversificazione del gruppo che passa dal vino e dagli alcolici alla moda ai profumi, senza dimenticare pelletteria e orologi dell’alta gioielleria. Questo ha permesso al gruppo di continuare sulla linea che l’ha portato ad alzare la qualità dei propri prodotti, giustificando un notevole aumento dei prezzi con margini di profitto sempre in crescita.
Un ultimo tassello è stata l’arte contemporanea con la Fondation Louis Vuitton che di recente ha collaborato a Parigi con l’artista giapponese Yayoi Kusama. Louis Vuitton è diventato un marchio globale, con il cantante e produttore musicale statunitense Pharrel Williams che è diventato il direttore artistico delle collezioni maschili, ma senza mai perdere le sue radici francesi.
«Il brand Louis Vuitton rappresenta l’eccellenza francese nel mondo – ha dichiarato Delphine Arnault, figlia del Ceo e oggi a capo della maison Christian Dior, in una recente intervista alla Lettura del Corriere -. Chi compra Louis Vuitton sa che si porta a casa un pezzo di Francia». All’interno di LVMH c’è anche un po’ di Italia grazie al manager Pietro Beccari che da inizio febbraio è il nuovo ceo di Louis Vuitton.
Senza dimenticare come il gruppo è sempre molto attento alla formazione di artigiani e professionisti grazie all’Istituto dei mestieri d’eccellenza LVMH, così da seguire passo passo quegli elementi che poi entreranno nella galassia LVMH che conta a oggi 196 mila dipendenti in tutto il mondo.