Il patron e presidente del Napoli Aurelio De Laurentiis è intervenuto oggi durante l’evento “Merger & Acquisition Summit 2023”, organizzato da Il Sole 24 Ore. De Laurentiis ha parlato del business del calcio, toccando temi diversi: dai brand che gravitano intorno al mondo dei palloni ai fondi, passando per le emittenti lavorano con la Serie A e la questione stadi.
«Il problema è vasto e complesso, ma è semplicissimo. O il calcio lo si intende come una impresa e purtroppo in Italia lo è a metà, oppure non si va da nessuna parte. Il mio modello è sempre stato il cinema, avendo toccato con mano 400 film circa, ho imparato a fare il mestiere dell’imprenditore puro, perché un film è un’opera di ingegno che si realizza attraverso processo industriale che devi crearti anche guardando a quanto fanno gli altri», ha esordito.
«Quando sono arrivato nel calcio non sapevo come si giocava, venendo da famiglia da napoletani ogni tanto venivo portato allo stadio, quando sono entrato la prima cosa che ho fatto è aver detto, cosa chiediamo ad attori e registi? Chiediamo cessione dei diritti di immagine di quello che fanno. La stessa cosa l’ho applicata nel mondo del calcio, sia ai calciatori che agli allenatori. Chi non li voleva cedere non veniva nel Napoli», ha spiegato.
La scelta di lasciare Robe di Kappa e passare a EA7
De Laurentiis sottolinea che per questo motivo ha «visto che c’era malversazione da parte di grosse compagnie come Nike, Adidas e Puma che arrivavano e foraggiavano agenti e calciatori. Per cui era sempre una lotta al coltello: “Se devi venire col Napoli devi distruggere il contratto che hai altrimenti non puoi venire da noi”. A un certo punto cosa è avvenuto? Non ho più voglia di lavorare con Kappa, ho chiamato Giorgio Armani e gli ho chiesto: “Se volessi produrre materiale, mi presteresti il marchio EA7?”».
E a quel punto Armani ha risposto: «”Come faccio a dirti di no?”, e abbiamo iniziato questa attività. L’anno prossimo triplicheremo il fatturato che faceva Robe di Kappa. Perché mi sono inquietato con loro? Ho sempre dato importanza al brand, se Nielsen mi certifica 83 milioni di simpatizzanti di cui 15 milioni in USA e Canada e vedo che mi vendono 54 maglie negli USA, mi vengono le convulsioni e vedo che c’è qualcosa che non funziona».
De Laurentiis tocca poi il tema dei fondi di investimento: «Io nel cinema ho sempre voluto fare tutto, produttore, distributore di me stesso, anche padrone dei cinema. Il problema quando si dice “i fondi”: i fondi sono una cosa importantissima, ma i fondi di solito devono investire in un settore per dare redditività ai propri investitori. In qualche modo sottraggono redditività al settore stesso, perché non lo fanno gratuitamente. Perché io sono sempre stato contrario? Primo perché di calcio non capiscono nulla, se non ci stati dentro puoi chiamare i più grossi manager e fare la media company ma non è detto che ti assicurino il risultato».
«Cosa mi dà fastidio nella Lega? Che le proprietà non sono presenti, perché non c’è mica sempre un signor manager come Scaroni. Ci sono anche personaggi che non hanno attributi per lanciarsi e nuotare nell’oceano, è più comodo. A San Siro vendi biglietti ai tifosi tramite piattaforma? Bene, ma la stessa cosa bisogna farla anche per tifosi virtuali che sono sempre più numerosi in Italia all’estero, magari per una partita di grande cartello posso attrarre 30/40 milioni di biglietti virtuali, con una fatturabilità esponenziale mai considerata», ha aggiunto il numero uno degli azzurri.
Le pay-tv e la necessità di valorizzare il prodotto Serie A
Poi, un attacco alle emittenti: «Dicevo ai colleghi, perché dobbiamo andare da Sky, perché anche lì cosa ci capiscono, loro nascono col cinema e non col calcio. Sono giovani, stanno chiudendo in Germania e stanno per chiudere in Italia, il nostro AD dice perché non la compriamo noi per un miliardo? Perché fanno cose diverse. Se mi interessa un fondo che mi fa lo stadio? No, me lo faccio da solo, se mi deve dare redditività deve essere attivo 365 giorni l’anno. C’è questo bisticcio che tra sindaci e sovrintendenze. Siamo il Paese più bello ma più ingessato del mondo».
E ancora sulla necessità di valorizzare il prodotto: «Sulla governance in Lega siamo scarsi perché ci mancano persone preparate per farlo. Ma le persone preparate per farlo le devi scegliere dopo che hai fatto un programma. Devi dire cosa vuoi ottenere per primo: vuoi licenziare i diritti ai tifosi nel mondo intero? Come lo faccio? Quanto posso incassare, magari 3 miliardi invece di 1,5? Per farlo chi devo mettere all’opera? Il problema grosso di cui nessuno mai parla è la pirateria. Finalmente adesso sembrerebbe che a maggio esca questa nuova legge contro la pirateria. Noi avevamo 4,2 milioni abbonati tra Mediaset Premium e sky. Oggi tra DAZN, TIM e Sky appena a 1,9 milioni abbonati, ne abbiamo persi 2,3 per strada che in termini di fatturato sono tanti. Come si recupera? Mettendo un tappo: legge anti-pirateria, è la prima cosa. Puoi mettere tutti i manager più bravi, ma i fondi quando vedono che non c’è trippa per gatti scappano».
Poi, un pensiero sugli stadi: «Siamo indietro anni luce rispetto a Inghilterra e altre nazioni. Ma il problema degli stadi, dispiace doverlo dire, è che siamo il Paese in qualche modo più bello del mondo e poi siamo quello più violento con mafia, ‘ndrangheta e camorra. Questo non aiuta. Quando diciamo dobbiamo rifare gli stadi, li dobbiamo fare per chi? Se dobbiamo rifarli per farceli distruggere, è inutile. Se non mettiamo un freno».
«Poi c’è un’altra stortura, ieri al Coni c’era un signore di Firenze che illustrava facilità con cui si costruiscono gli stadi. Fenucci accanto a me stava impazzendo. Questo è il Paese della Corte dei Conti e delle sovrintendenze, ma il calcio oggi dovrebbe avere il via libera, il Comune che non mette soldi negli stadi da anni dovrebbe cederli dando anche le autorizzazioni. Poi cosa viene fuori, puoi fare di tutto e di più meno che il residenziale», ha proseguito ancora il proprietario del Napoli.
E ancora, una battuta sulle regole del calcio: «Anche il gioco del calcio andrebbe rivisitato. Intervallo di 15’, i ragazzi che stanno a casa riprendono dopo l’intervallo. Io non credo. Li stiamo perdendo tutti, continuiamo a fare la televisione che apparteneva al mondo del calcio di 50, 30 anni fa. Se non saniamo il problema dei violenti, che non sono tifosi, c’è una frangia delinquenziale che va eliminata con decreto legge immediato. Mi incontrerò con Piantedosi per un confronto: se non risolviamo problema al calcio possiamo dire addio».
L’offerta “indecente” per cedere il Napoli
Infine, una rivelazione su un’offerta ricevuta per comprare il Napoli: «Quando mi hanno offerto 2,5 miliardi per il Napoli, io dopo che faccio? A me non servono, altrimenti dovrei fare solo cinema o comprare una squadra in Inghilterra, perché mi dovete sfastidiare? Il Napoli è un giocattolo che appartiene alla famiglia De Laurentiis, finché non ci stancheremo non vedo motivo per cui cedere. Io cinque anni prima di comprare il Napoli offrii 125 miliardi a Ferlaino, poi non ci pensai più, fino a quando non lessi che era fallito. Io decisi, contro il parere della famiglia, Luigi era contrario, gli dissi che nella vita è bello provare di potere fare tutto. Il Bari? Va venduto, finché non cambiamo la legge».