Casini: «Meno burocrazia e intervento del Governo per rilanciare gli stadi»

“L’Italia si trova in una situazione difficile, a tratti poco comprensibile per chi ci guarda dall’esterno. Impianti vecchi, con strutture inadeguate e pochissimi servizi. È dai Mondiali del…

Nuova area stadio Milano
(Foto: Claudio Villa/Getty Images)

“L’Italia si trova in una situazione difficile, a tratti poco comprensibile per chi ci guarda dall’esterno. Impianti vecchi, con strutture inadeguate e pochissimi servizi. È dai Mondiali del 1990 che l’Italia – salvo alcuni casi virtuosi come, per esempio, gli impianti di Atalanta, Juventus, Sassuolo e Udinese – non riesce a rimettere davvero a fuoco il tema degli stadi. E comunque il 1990 è stata un’occasione non sfruttata appieno: non si tratta solo del problema delle piste di atletica attorno al campo, ma anche di alcuni impianti costruiti nell’ultimo mezzo secolo che oggi sono diventati addirittura inagibili, come accaduto a Cagliari con il Sant’Elia”. Lo ha detto il presidente della Lega Serie A Lorenzo Casini, intervistato da Il Foglio. 

“In Italia andrebbe cambiato il modo in cui lo stadio è percepito: prendiamo l’efficientamento energetico, di cui è carente quasi il 90 per cento delle infrastrutture calcistiche della Serie A. Ciò significa non rendersi conto di quello che possono essere gli stadi del futuro, ossia anche produttori di energia per i quartieri che li ospitano. Lo stadio deve essere un luogo di aggregazione, inclusione, rigenerazione urbana, e può diventare anche un hub tecnologico, cosa che oggi non è se pensate solo a un piccolo gesto che si fa dentro uno stadio. Fare una telefonata. Mandare un messaggio. Fare un tweet o usare Instagram o TikTok. Le celle, a stadio pieno, sono tutte occupate…”.

“Lo stadio può vivere tutta la settimana, non solo la domenica, e può portare turismo, e non solo traffico il weekend. E può portare cultura con i musei del calcio o dei club, come avviene all’estero molto più di frequente che da noi. Per farlo, però, occorre fidarsi di più del privato. Se lo stadio è di proprietà di una squadra, certamente le procedure possono essere più agili. A volte la proprietà comunale può rendere alcune procedure più complesse perché inevitabilmente i comuni devono ‘rispondere’ anche a una varietà di interessi locali o del territorio”.

“Ci sono stadi dove la realizzazione di nuovi servizi di ristorazione all’interno dell’impianto pone la questione della concorrenza di negozianti e operatori che si sono sviluppati all’esterno di quello stesso stadio. Sono problemi che in passato hanno vissuto anche musei e parchi archeologici, come Pompei. Ci sono stadi, come per esempio il Flaminio di Roma, che hanno vincoli storico-artistici tali da rendere estremamente difficile una ristrutturazione. Anche a Bologna e a Firenze è stata necessaria una fitta interlocuzione con le soprintendenze. Ci sono anche stadi purtroppo dove non si riescono ad adeguare i servizi igienici. È chiaro che avere stadi d’eccellenza, come succede in Germania e nel Regno Unito, porta maggiori introiti, sia attraverso i ricavi derivanti dalle partite, sia attraverso i servizi accessori offerti quando la squadra non gioca”.

“Dai dati Deloitte, sappiamo che nel 2022 – anno ancora in parte di pandemia – la media dei ricavi da stadio (i cosiddetti matchday revenue) dei top 20 club europei è stata di quasi 70 milioni di euro. Liverpool, Manchester United, Barcellona e Tottenham sono andati ognuna oltre i 100 milioni, il Bayern Monaco è in media con 68 milioni di euro, mentre gli introiti di Juventus, Milan e Inter messe insieme – le tre squadre italiane nella top 20 Money League – hanno raggiunto complessivamente 96 milioni di euro. Ma il valore aggiunto di avere stadi più moderni va ben oltre i ricavi delle partite”.

“Uno stadio più efficiente, per esempio, aiuta ad avere uno spettacolo più bello, anche come riprese tv, e questo contribuisce anche a meglio licenziare i diritti audiovisivi. Questione di risorse? Non esattamente ed è questo il paradosso. È ovvio che le risorse sono importanti, anche perché parliamo quasi sempre di infrastrutture pubbliche. Perciò, soprattutto in occasione di grandi competizioni, è comprensibile che occorrano stanziamenti da parte di stato, regioni o comuni. Al riguardo è molto interessante l’ipotesi prospettata dal governo nei giorni scorsi, ossia quella di un fondo immobiliare stadi. Interventi importanti di ristrutturazione, del resto, possono valere oltre cento milioni di euro, mentre uno stadio completamente nuovo oggi può arrivare a richiedere anche mezzo miliardo di euro. E sono comunque investimenti che, se lo stadio è davvero moderno e attrezzato, sono remunerativi e quindi non è infrequente trovare investitori. I dati, però, mostrano che, anche quando ci sono i fondi, i progetti fanno fatica a essere realizzati”.

“Ritardi? La ragione principale è data dalla complessità delle procedure che in Italia caratterizza in generale le infrastrutture pubbliche. Inoltre, il livello comunale non è sempre sufficiente per gestire situazioni così articolate, al centro delle quali vi sono problemi che riguardano vincoli storico-artistici, la tutela dell’ambiente, la circolazione e i trasporti, la sicurezza, l’impatto paesaggistico. Tutti questi interessi rispondono anche o in via esclusiva ad altre amministrazioni, statali o regionali. È bene ricordare che la celebre ‘conferenza dei servizi’ è un istituto nato in via amministrativa già negli anni Cinquanta in urbanistica, ma che ha trovato la sua consacrazione legislativa proprio in occasione dei Mondiali di calcio del 1990, per poi essere inserita nella legge sul procedimento 241. Diventa perciò essenziale assicurare un coordinamento infrastrutturale tra tutti gli interessi coinvolti ed è per questo che la Serie A auspica l’attivazione di una cabina di regia a Palazzo Chigi, coordinata dal ministro Abodi che peraltro ha grandissima esperienza sul tema”.

“Sarebbe un inizio importante perché in quella sede si potrebbero affrontare e sciogliere i grandi nodi burocratici che rallentano i progetti. In questi mesi, la Serie A ha attivato un laboratorio infrastrutture che ha predisposto un dossier per ogni stadio: il patrimonio di dati, informazioni e conoscenze è stato raccolto, grazie a una collaborazione molto proficua con tutte le squadre e con l’Anci, che ringrazio”.

“Una volta esaminati i dossier, ministro e governo potrebbero anche valutare l’ipotesi di creare un commissario per gli stadi, così da accelerare ulteriormente le procedure laddove occorre agire in fretta. E ciò a prescindere dalla candidatura italiana a Euro 2032, che certo sarebbe una straordinaria opportunità e che come Serie A sosteniamo e per la quale siamo a disposizione della Figc”.

“Ovunque, non solo a San Siro, è chiaro che in astratto la ristrutturazione o la demolizione e ricostruzione sono situazioni preferibili. In astratto, però, perché la realtà è spesso più complessa. Sono comunque sicuro che Inter e Milan sceglieranno la migliore soluzione possibile per avere impianti più moderni all’altezza del loro nome. Certo, se persino in un comune efficiente come Milano, con un sindaco dalle comprovate competenze manageriali e due squadre così importanti c’è un problema per fare uno stadio significa che il tema è enorme. Ecco perché sarebbe importante avere anche una iniziativa del governo per aiutare i comuni a definire un piano di priorità e interventi a vantaggio non solo dello sport e del calcio, ma di tutta la collettività”.