Merloni: «Così Ariston sponsorizzò la Juve. Dall’Heysel mai più allo stadio»

I ruoli in politica ma soprattutto quasi un secolo di impresa con la sua Ariston, che si legò anche al mondo del calcio con la storica sponsorizzazione alla Juventus. Francesco…

4DC8E554-048E-4E3F-B6C2-0BB1EC9254E5
Michel Platini (Photo by Mike King/Allsport/Getty Images)

I ruoli in politica ma soprattutto quasi un secolo di impresa con la sua Ariston, che si legò anche al mondo del calcio con la storica sponsorizzazione alla Juventus. Francesco Merloni, oggi presidente onorario della multinazionale Ariston Thermo Group, a 97 anni si racconta in una lunga intervista al Corriere della Sera, in cui ripercorre le sue sette legislature, il ministero dei Lavori pubblici in piena Tangentopoli e anche il rapporto con la Juventus.

Partendo dalla morte del padre, Aristide, fondatore del gruppo di famiglia Merloni e della Ariston. «Il passaggio generazionale fu molto difficile. Avevamo delle fatture pagate con cambiali firmate da Mattei. Tre giorni dopo l’incidente le portai in banca ma le rimandarono indietro: ci avevano chiuso i conti. Per fortuna gli altri istituti non fecero lo stesso».

Poi la politica, con la nomina a ministro dei lavori pubblici nel 1992. «Fui scelto per caso; chiesero una terna a Gerardo Bianco. Sull’annuario videro che ero ingegnere e dissero: “Facciamo lui”. Lo scoprii dalla radio. Con Amato ci trovammo subito: capiva tutto al volo, non aveva neppure una segretaria, gestiva da solo anche l’agenda degli appuntamenti».

Particolare era invece il rapporto con Silvio Berlusconi, soprattutto dopo che un giorno «Il Giornale» di Berlusconi scrisse che era indagato. Non era vero?
«Non era vero, chiamai Berlusconi e ci scontrammo duramente.Con lui il rapporto è stato sempre particolare. Una volta comprammo un aereo insieme dall’imprenditore Borghi. Silvio mi disse: “Franco, questo aereo andrebbe valorizzato, verniciamolo. Ci penso io”. Qualche giorno dopo andai in aeroporto: l’aveva tappezzato con il simbolo del Biscione. Se lo tenne. Berlusconi comunque è simpatico: inizialmente era pure democristiano. Con Silvio ci incontravamo in Costa Smeralda sulle nostre barche: poi tutti da lui a Villa Certosa. C’erano sempre un po’ di soubrette di Colpo grosso».

Poi si passa al calcio, con lo storico rapporto tra Ariston e la Juventus: il marchio divenne nel 1981/82 il primo sponsor di maglia dei bianconeri, rimanendo sulla divisa fino al 1988/89. «Una congiuntura favorevole. Vittorio, mio fratello, era presidente di Confindustria: ce l’aveva messo Gianni Agnelli, che voleva liberarsi dei corteggiatori locali. Io, invece, ero amico di Umberto: facevamo le riunioni con Montezemolo nel mio ufficio. Andavo a vedere le partite. Poi ci fu l’Heysel».

«Ero lì, arrivai allo stadio con il pullman della squadra assieme a Boniperti. Dalla tribuna ho visto tutto. Mi precipitai negli spogliatori: c’era anche De Michelis. Boniperti non voleva giocare, fui io a fargli da interprete in francese con la polizia belga. Ci dissero: “È stato mobilitato l’esercito, ma arriva tra due ore; se non giochiamo ci saranno migliaia di morti”. Fu terribile, non andai più allo stadio», ha concluso.