La Juventus ha ufficialmente presentato il proprio ricorso al Coni contro la sentenza che – in relazione al caso plusvalenze – ha stabilito una penalizzazione di 15 punti in classifica per i bianconeri. Una linea difensiva – che accomuna anche i dirigenti, a cominciare dall’ex presidente Andrea Agnelli – che punta a ottenere quanto richiesto.
Il ricorso fa riferimento «all’estinzione dell’azione disciplinare promossa dalla Procura federale per decorso dei termini». Ma soprattutto, scrive Il Corriere dello Sport, per altre quattro diverse motivazioni, riassumibili in quattro punti:
- L’inammissibilità della revocazione della sentenza di assoluzione per mancanza di fatti nuovi e decisivi;
- La violazione dei principi di contraddittorio e l’impossibilità di difendersi;
- L’indefinibilità del concetto di plusvalenza “fittizia”;
- La mancanza di motivazioni sulla quantificazione della pena applicata.
Il ricorso si basa dunque prima di tutto sull’inammissibilità della revocazione concessa dalla Corte d’Appello federale «non costituendo gli atti di indagine trasmessi dalla Procura di Torino “fatti nuovi” idonei a sovvertire la ratio decidendi della sentenza revocata».
Ci sono poi gli elementi riferiti all’impossibilità di difendersi, dato che nel ricorso si parla di «violazione dei principi del contraddittorio e del giusto processo» e di «violazione del diritto di difesa in ragione della mancata correlazione tra l’accusa contestata nell’atto di deferimento e la sentenza resa all’esito del procedimento di revocazione» oltre a una «asserita volontà dei deferiti di sottrarsi all’applicazione di un principio contabile IAS 38 § 45, all’epoca non applicato nel settore e nemmeno ex post effettivamente accertato in sentenza come applicabile nel caso di specie».
La difesa passa anche dal concetto di plusvalenza, parlando di violazione del «principio di materialità», «del principio di legalità con l’affermazione in sentenza di un illecito non previsto dall’ordinamento sportivo» e di «omessa motivazione circa la presenza del modello di organizzazione, gestione e controllo della Società, rilevante come scriminante o almeno attenuante, ai sensi degli artt. 6 e 7 CGS FIGC, nonché per insufficiente motivazione sulla asserita assenza di documenti e procedure interni volti a tracciare i criteri per la valutazione dei calciatori».
Centrale, infine, anche la richiesta relativa alla proporzionalità della pena e alla mancanza di motivazioni a riguardo. Il ricorso parla di «omessa motivazione sulla quantificazione delle sanzioni irrogate» in violazione del principio di proporzionalità nel trattamento sanzionatorio e del principio di specialità.