Articolo a cura di Luca Filidei
In un periodo di successi alternati a inaspettate débacle calcistiche, come la doppia mancata qualificazione ai Mondiali da parte della nazionale, l’Italia ha però saputo rigenerarsi – e trionfare – non solo con Euro 2020, ma anche con vittorie in sport alternativi (è ingiusto definirli “secondari”) che dovrebbero riempire d’orgoglio al pari di un successo nel mondo del pallone.
È facile riferirsi all’exploit di Marcell Jacobs, ai campionati europei vinti dalle nazionali di pallavolo, senza scordarsi del recente Record dell’Ora firmato da Filippo Ganna: la lista potrebbe essere infinita. Sì, perché negli ultimi anni il nostro Paese ha conquistato riconoscimenti in discipline in cui prima era persino difficile accostarsi, e una di queste è certamente il surf.
L’arte di cavalcare le onde era da sempre nelle mani di alcune superpotenze: australiani e statunitensi (delle volte i sudafricani) erano soliti spartirsi ogni gara, sfruttando il loro know-how di assoluto livello e gli incredibili spot a loro disposizione (solo nelle Hawaii ce ne sono un’infinità). Poi però qualcosa è cambiato. La lega principale, la WSL (World Surf League, prima ASP), ha cominciato ad internazionalizzarsi sempre più, ampliando i propri confini e identificando nuovi mercati. Ed ecco che dal 2014 ad oggi il classico dualismo si spezza nel Championship Tour (CT) maschile, con ben 6 campioni del mondo brasiliani su un totale di 8.
L’ultimo hawaiano a vincere un titolo risale al 2017. L’ultimo australiano addirittura al 2013. In questo scenario, aperto a nuovi orizzonti grazie ad uno sport dal carattere globale, si inseriscono quindi surfisti di ogni nazionalità. Le Challenger Series (CS), la “seconda” divisione della WSL e trampolino di lancio per il CT, concluse la scorsa notte, comprendono atleti francesi, marocchini, peruviani, giapponesi, portoghesi, indonesiani, con un italiano, Leonardo Fioravanti, che si è classificato al primo posto. E pensare che dopo le prime cinque tappe nel tour principale, la stagione di Fioravanti sembrava essere entrata in un loop negativo, segnata da quel “mid-season cut” introdotto proprio quest’anno.
A metà del CT l’italiano si trovava infatti al di sotto della soglia necessaria per continuare la stagione, venendo così retrocesso nel nuovo format delle CS. Catapultato in una realtà tutta da scoprire con 96 surfisti iscritti, l’italiano ha sin da subito sorpreso per la sua capacità di invertire la rotta, utilizzando le sue risapute qualità (tra l’altro già espresse nel CT) all’interno di un quadro più costante. Sono arrivate così le migliori prestazioni del 2022, con la vittoria in Portogallo dello scorso ottobre che gli ha permesso di conquistare il primo posto nel ranking.
Fioravanti, recentemente protagonista anche di una partnership con l’Inter, ora può giustamente concentrarsi sulla stagione 2023. Quella che, almeno potenzialmente, potrebbe consentirgli un altro, notevole passo verso la vetta del surf mondiale. In fondo è lì che incontrerà (di nuovo) campioni come Filipe Toledo, Gabriel Medina, Italo Ferreira, Jack Robinson e John John Florence. E poi un’icona come Kelly Slater.
Perché se si vuole davvero rappresentare un exploit in attesa delle Olimpiadi bisogna inevitabilmente passare dal Championship Tour della WSL. Il diretto interessato, dal canto suo, sostiene che il suo obiettivo è entrare nei top 5. Un traguardo impensabile solo qualche anno fa, quando australiani e statunitensi dominavano le classifiche. I tempi cambiano, direbbe qualcuno, e Leonardo Fioravanti ne è un esempio. Con quel #1 al suo fianco nella classifica che sembra dirci, scomodando una celebre frase: impossible is nothing.