Lotito: «Flaminio? Ci siamo mossi ufficialmente»

«Ci siamo mossi ufficialmente, come sapete. Fare uno stadio di proprietà non è come andare a prendere un caffè al bar. Ci sono procedure, condizioni mutevoli, variabili a non finire…

Lotito emendamento diga Molise

«Ci siamo mossi ufficialmente, come sapete. Fare uno stadio di proprietà non è come andare a prendere un caffè al bar. Ci sono procedure, condizioni mutevoli, variabili a non finire che possono incidere sul risultato finale. Per questo parlerò a tempo debito e non ha senso fare annunci di qualsiasi tipo su questo tema. Di certo la Lazio vuole un suo stadio di proprietà». Lo ha dichiarato il presidente della Lazio, Claudio Lotito, in un’intervista rilasciata a Leggo in cui ha parlato di vari temi: dallo stadio Flaminio, alla scelta di Sarri, fino agli obiettivi stagionali.

Per quanto riguarda il tecnico della squadra biancoceleste, che qualche mese fa ha sottoscritto il rinnovo fino al 2025, Lotito ha detto: «Ci siamo capiti subito. Non lo conoscevo, però mi ha fatto immediatamente una grande impressione: come ho già detto Sarri è una persona che vive per il calcio. Per questo gli ho affidato un progetto ad ampio raggio, che mi sembra stia mostrando tutte le sue potenzialità anche in queste prime giornate di campionato che fanno ben preludere a questa seconda stagione. Dopo l’uscita di scena di Simone Inzaghi, per certi versi improvvisa e inattesa, abbiamo scelto un allenatore in linea con le ambizioni di questo club. Non, dunque, un mister di transizione, ma uno in grado di far partire subito un progetto nuovo, che puntasse sui giovani e al miglioramento della rosa. Ho valutato tanti tecnici validi, più o meno blasonati. Ho scelto di non accontentarmi. Non ho preso un nome: ho scelto un’idea di fare calcio».

Sul mercato, in cui la Lazio ha fatto otto acquisti con una spesa che supera i 50 milioni di euro, il patron del club ha sottolineato: «È stato uno dei mercati più dispendiosi sotto il profilo economico, ma si è fatto un investimento per gettare le basi del rinnovamento necessario che attendeva il nostro parco giocatori. Avevamo figure e ruoli da coprire nell’immediato, ma anche bisogno di dare alla rosa più ricambi di quanti ce ne fossero lo scorso anno. Senza fare collezioni di figurine, ma comprando chi fosse veramente utile. E, cosa che molti brillanti commentatori trascurano, non abbiamo venduto le nostre pedine migliori, a partire da Sergej Milinkovic-Savic. Altre grandi squadre hanno sacrificato tasselli importanti, noi no».

In chiusura sugli obiettivi stagionali: «L’obiettivo è la crescita. Non possiamo permetterci di andare indietro. Si può raggiungere o meno un trofeo, che dipende da molteplici fattori. Bisogna però sempre arrivare a giocarsi tutto fino in fondo. Ricordo ancora quando arrivai a Formello: era rimasto poco e niente, sia nelle attrezzature che nel patrimonio tecnico, tranne qualche importante giocatore del vecchio ciclo. Presi tanti giocatori, alcuni dei quali sono entrati nella storia della Lazio, come per esempio Tommaso Rocchi. La crescita però è sempre stata tangibile e oggi siamo in alto, nelle posizioni che contano. Il mio sogno? Portare la Lazio ai vertici del Campionato italiano e d’Europa. È un sogno sportivo, professionale, personale».