Doveri: «Arbitriamo all'inglese ma calciatori siano leali»

«Discernere di più il fallo dal contatto di gioco. E fischiare solo il primo. Per numero di falli siamo allineati alla Champions e ci avviciniamo alla Premier. L’indicazione è quella…

Spezia Calcio v Venezia FC - Serie A
(Photo by Gabriele Maltinti/Getty Images)

«Discernere di più il fallo dal contatto di gioco. E fischiare solo il primo. Per numero di falli siamo allineati alla Champions e ci avviciniamo alla Premier. L’indicazione è quella di non sanzionare tutti i contatti di gioco, ma l’obiettivo di uniformarci al calcio inglese deve essere condiviso da tutte le componenti». È questa la strada che gli arbitri italiani seguiranno nella prossima stagione e illustrata da Daniele Doveri in un’intervista rilasciata al Corriere dello Sport.

Il fischietto romano chiede però la collaborazione dei giocatori: «Se lascio giocare un contrasto duro, e mi ripeto in quello successivo, e poi la terza volta si spaccano una gamba, vuol dire che non sono sintonizzato con la partita. Se invece lascio andare qualche contatto vigoroso e percepisco che i calciatori accettano di confrontarsi fisicamente, ma in maniera leale, allora posso proseguire su quella strada. Il fatto è che nessuno ti dice che non spezzerà la gamba all’avversario, devi intuirlo da come gli atleti interpretano la gara, e anche da come si rialzano dopo essere caduti per terra. C’è un codice culturale che fa una strana microfisica del potere. È quella che decide quanto è possibile abbassare l’asticella del controllo. L’arbitro deve saperla leggere, ma non la impone solo lui. Se la tensione cresce, i colpi si fanno più duri, le proteste s’infiammano, tu devi smorzare i toni, perché il compito dell’arbitro è anche quello di proteggere l’incolumità dei calciatori».

Per quanto riguarda i calci di rigore, in calo negli ultimi tre anni, Doveri dice: «Sul numero non scommetto, perché non siamo noi a fare il gioco. Ma certamente cercheremo di avere ancora più discernimento tra ciò che è fallo e ciò che è contatto».

«Proteste? Chi lo fa in modo istintivo e misurato sarà compreso, come sempre. Perché la frustrazione fa parte della psicologia del gioco e impone tolleranza. Chi prova a farti pressione in modo sistematico va invece avvisato con il cartellino».

Sul fallo di mano: «Si va avanti come l’anno scorso. Sui tiri e sui cross vale la geometria del braccio: se è largo, è rigore. Ma nelle altre situazioni la dinamica avrà un peso più importante. Il braccio largo è meno rilevante se è coerente con l’intenzionalità della giocata, a patto di non esagerare. Per fare un esempio, nessuno può pensare di saltare su un calcio d’angolo allargando le braccia al cielo».

In chiusura sulle possibili novità nel mondo arbitrale: «Il Challenge per il VAR è ormai una soluzione allo studio di Fifa e Ifab, sollecitata peraltro da molti. Io sono curioso di sperimentarla. E di verificare se servirà a ridurre le polemiche. Tempo effettivo? Il miglior modo per scongiurare l’ostruzionismo. Le interviste post-gara? Andare in zona mista dopo la partita a spiegare le tue scelte è complicato. Soprattutto prima che il giudice sportivo abbia preso le sue decisioni. Dal mercoledì in poi, non avrei nessun problema a motivare una scelta e anche ad ammettere un errore in pubblico. A patto che chi ascolta non sia lì solo per attaccarmi».