Calcio e scommesse sono da sempre uniti da un forte legame. Se è vero che non tutti gli amanti del pallone sono giocatori d’azzardo, un’altissima percentuale di questi ha piazzato almeno una scommessa nella sua vita.
E fin qui non c’è nulla di male. Infatti, le scommesse possono essere un passatempo divertente e talvolta redditizio, se svolto con cognizione di causa. La parte negativa arriva quando si perde il controllo delle giocate, quando si investono importi che non ci si può permettere di perdere; in sostanza, quando si incorre nella ludopatia.
Anche per contrastare lo sviluppo di patologie legate al gioco d’azzardo, il governo ha emanato il Decreto Dignità nell’agosto del 2018 (di fatto il decreto ha l’obiettivo di regolamentare il mondo del lavoro e quindi il gioco d’azzardo è solo un piccolo aspetto di esso).
Per quanto riguarda il mondo del casinò e delle scommesse, con questo provvedimento, è stato impedito a tutti gli operatori di promuovere i propri servizi.
Basta quindi alle sponsorizzazioni con le società sportive, alle pubblicità in televisione e sugli altri media tradizionali così come l’advertising online sulle piattaforme social e sui motori di ricerca.
Solo i siti affiliati sono rimasti come unico canale di promozione o quasi, con alcune limitazioni soprattutto per quanto riguarda il linguaggio utilizzato.
Quali sono stati i risultati?
A quattro anni di distanza, è già tempo di fare dei bilanci. Non sappiamo se il governo avesse impostato degli indicatori per misurare i risultati del Decreto, anche se crediamo di no. In ogni caso, con i dati del mercato disponibili possiamo trarre delle conclusioni.
La prima cosa da sottolineare è l’impatto del Decreto sulle squadre di calcio: una perdita di introiti per circa 50milioni all’anno secondo le stime di Tutto Sport.
Ancora più importante, però, è valutare i risultati del provvedimento da un punto di vista sociale.
C’è una correlazione diretta tra la pubblicità e la crescita dei volumi di gioco? C’è una correlazione lineare tra l’aumento dei volumi di gioco e l’incremento dei casi di ludopatia? Gli italiani sono meno avvezzi al gioco d’azzardo nel 2022 rispetto a quanto lo fossero fino al 2018?
Non possiamo rispondere alle prime due domande ma possiamo misurare l’evoluzione dei volumi di ricerca di alcune parole chiave, per dedurre l’interesse degli italiani verso il mondo del gambling.
Come si può vedere dal grafico qui sopra (fonte Google Trends), l’interesse per il casinò è cresciuto nel tempo, mentre quello per i siti scommesse è sostanzialmente invariato.
Insomma, non sembra proprio che gli italiani abbiano perso l’interesse per il gioco d’azzardo, anzi.
Serie A e scommesse: perché c’è un paradosso
Fatte queste premesse, sottolineiamo che l’obiettivo di questo articolo non è di contestare il Decreto Dignità, ma di segnalare un’anomalia nella sua applicazione.
Questo paradosso è davanti agli occhi di tutti ma nessuno ne parla.
Di cosa si tratta?
Ebbene, un paese che proibisce la pubblicizzazione di servizi di gioco d’azzardo può permettere che l’associazione sportiva nazionale più importante non si adegui alla legge?
Sembra proprio di sì, infatti la Lega Serie A continua ad avere tra i suoi sponsor principali il bookmaker russo 1xBet.
Tramite questa partnership, il marchio viene pubblicizzato continuamente in diversi modi e con diversi canali:
- Durante tutte le partite di Serie A
• Nei video degli highlight su Youtube
• Nel sito della Lega Serie A
A peggiorare la situazione, c’è il fatto che 1xBet non possiede una licenza ADM e quindi non opera legalmente in Italia.
Qualcuno potrebbe ritenere che, proprio per questo motivo, non vi sia nessun conflitto con la “nuova” legge. Sito straniero per giocatori stranieri, giusto?
Di fatto non è così, poiché i giocatori italiani possono giocare su questa piattaforma tramite l’uso di VPN (un software che permette di collegarsi con il proprio computer da un altro paese).
E comunque promuovere un sito di scommesse non comporta di per sé la promozione indiretta dell’azzardo?
In altre parole, se pensi di contrastare una “piaga sociale” bloccando la pubblicità, promuovere un marchio straniero non dovrebbe essere ideologicamente contrario al tuo obiettivo?
O, lasciando l’ideologia da parte, non dovrebbe essere considerato semplicemente illegale?
Lasciamo aperte queste domande con la speranza di creare un dibattito sulla questione.