Si terrà tra lunedì e martedì in Lussemburgo presso la Corte di giustizia Ue l’udienza in merito alla Superlega.
I quesiti a cui si appelleranno Juve, Real e Barça, i tre sostenitori del torneo separatista, e a cui l’organo di giustizia cercherà di dare riposta sono i seguenti: dato che il diritto comunitario garantisce libertà di concorrenza, che cosa potrebbe giustificare il “diritto” dell’Uefa e della Fifa, soggetti privati con sede in Svizzera, a mantenere un monopolio assoluto su tutte le competizioni internazionali, e a imporre pesanti sanzioni a coloro che prendono l’iniziativa di proporre nuove competizioni? Per quale motivo un comportamento di questo tipo dovrebbe essere permesso nel calcio, quando sarebbe illecito in qualsiasi altro settore?
Un gruppo di giuristi ha provato a dare risposta a queste domande, in un intervento pubblicato su Repubblica e sul quotidiano spagnolo El Pais a firma di:
- Paolo Bertinetti, professore emerito, Università di Torino;
- Jose Ignacio Conde Ruiz, professore, Complutense Università di Madrid;
- Juan José Ganuza, professore, Università Pompeu Fabra;
- Gimede Gigante, docente Università Bocconi;
- Juan Francisco Jimeno, professore, Università di Alcalá;
- Jerónimo Maillo González-Orús, professore, Università CEU San Paolo;
- Valerio Mancini, professore, Roma Business School;
- Alessio Postiglione, professore, Società italiana per l’organizzazione internazionale;
- Roberto Vallina Hoset, avvocato specializzato in diritto della concorrenza.
Nell’intervento si legge: “La Corte di giustizia UE non è chiamata a giudicare se il formato della competizione proposto inizialmente dalla Super League sia appropriato. E vorremmo ricordare che quel formato iniziale era solo un punto di partenza, destinato a essere discusso con la Uefa e, pertanto, a evolversi. L’aggressività della risposta da parte dell’Uefa, compreso l’avvio di procedimenti disciplinari contro tre club, riflette l’ossessione dell’Uefa di perpetuare il proprio monopolio e ha reso impossibile qualsiasi discussione. I monopoli non sono ben accetti nell’Ue e, in generale, sono dannosi per qualsiasi economia.
Lo sport viene considerato un settore speciale dai trattati Ue, ma i legislatori dell’Unione europea non hanno mai davvero definito il significato di tale specificità. Ciò ha portato alla creazione di un vuoto, finora riempito autonomamente da Fifa e Uefa, e mischiato, tra l’altro, il calcio amatoriale e i massimi livelli del calcio professionistico. L’attuale sistema manca di trasparenza e si basa su istituzioni che si trovano al di fuori dell’Ue, in Svizzera. Ciò significa anche che l’Ue non trae beneficio dal potenziale del calcio. Il peso economico dello sport è pari al 2% del Pil dell’Ue e al 3% dell’occupazione. Delegare la gestione dei nostri principali eventi sportivi a organizzazioni situate al di fuori dell’Ue significa rinunciare al controllo sui benefici economici generati dalle competizioni europee.
Inoltre, il calcio è anche un forte catalizzatore dell’identità europea. Nato e cresciuto in Europa, è un potente motore di connettività sia fisica che virtuale in tutto il continente, e rappresenta inoltre, sempre di più, un bene di esportazione capace di generare passione e interesse a livello globale. Il calcio è percepito come uno strumento di integrazione europea e come un veicolo per la diffusione di principi e valori (fair play, lotta contro il razzismo, uguaglianza e rispetto per gli avversari) entro e oltre i confini europei. E per questo che la decisione della Corte di giustizia UE è così importante per il nostro continente.
Attualmente tre storici club europei stanno cercando di cambiare lo status quo. Due sono di proprietà di “soci” (cittadini dell’Ue); il terzo è gestito dalla stessa famiglia da un secolo, un caso unico in Europa. Questi tre club, insieme, contano centinaia di milioni di tifosi in Europa e nel mondo. Uefa ha cercato di descrivere la Super League come un progetto egoista dei “ricchi che vogliono arricchirsi ulteriormente”, ma in realtà questo caso ha lo scopo di garantire che altri futuri siano possibili e discussi democraticamente, per il calcio e di conseguenza per lo sport.
Presupponiamo che la corte suprema dell’Ue ribadirà ciò che è ovvio: la legge è uguale per tutti, e impedisce a un soggetto privato di svolgere sia il ruolo di regolatore che di operatore economico per vietare in modo arbitrario qualsiasi iniziativa, con la motivazione che il proprio monopolio potrebbe essere messo a rischio. La decisione della Corte di giustizia UE in merito a questo caso è un’opportunità unica per il mercato unico dell’Ue e per i cittadini dell’Unione europea. Inoltre, potrebbe rappresentare un punto di svolta per miliardi di appassionati di calcio in tutto il mondo”.