Proseguono gli effetti della crisi dell’auto sugli stabilimenti italiani di Stellantis, il gruppo che vede Exor della famiglia Agnelli-Elkann come primo azionista con il 14%. L’accordo raggiunto ieri con le sigle metalmeccaniche – scrive Il Corriere della Sera – prevede altri 1.820 esuberi che portano a quota 4.000 le uscite dal gruppo negli ultimi due anni.
Il sindacato però si è spaccato: la Fiom non ha infatti firmato l’intesa con il gruppo guidato dal manager portoghese Carlos Tavares. «Si continua senza avere un piano complessivo sulle missioni degli enti centrali, di staff e della maggior parte degli stabilimenti e senza un piano sull’occupazione che preveda un reale ricambio generazionale. La transizione ecologica impone un confronto serio sulle competenze e sull’occupazione. Non si può continuare a navigare a vista. E necessario che il governo intervenga nei confronti dell’azienda», le parole di Simone Marinelli, coordinatore nazionale automotive della Fiom-Cgil.
Nel primo semestre la produzione di Stellantis in Italia è calata a 351.890 unità contro le 407.666 del 2021 (-13,7%) e a giugno le sue immatricolazioni sono state 48.427 (-14,2%), abbassando la quota mercato tra gennaio e giugno al 37,2% rispetto al 39,7% di un anno fa. Ma non si tratta di un malessere solo italiano: a febbraio il gruppo guidato da Tavares aveva presentato ai sindacati francesi un piano simile a quello italiano, con 2.600 esodi incentivati di qui al 2023.
Soddisfazione invece da Fim, Uilm, Fismic, liglm, Aqcfr: «Abbiamo firmato per migliorare ulteriormente gli incentivi già previsti negli accordi precedenti e prevedendo nuovi percorsi di ricollocazione, relativamente alle uscite esclusivamente volontarie di anticipo pensionistico e non, negli uffici e nelle fabbriche del gruppo. Questo consentirà di ridurre in Stellantis l’utilizzo di ammortizzatori sociali che stanno impattando negativamente sui redditi dei lavoratori».
Le 1.820 uscite rappresentano il 3,7% dei 49 mila dipendenti italiani: si tratta di 752 esodi già pattuiti dai pre-accordi di aprile e maggio tra le tute blu delle fabbriche di Verrone (cambi), Pratola Serra (motori), Termoli (motori e cambi), Mirafiori e tra gli addetti della security di Napoli, Cassino, Torino e Melfi. I restanti saranno sugli enti centrali, nelle partecipate dei servizi a Torino, al centro prove di Balocco, a Pomigliano, in Comau e nelle fonderie Teksid. Per chi può raggiungere la pensione entro 48 mesi, gli incentivi coprono i primi 24 mesi, incluso il trattamento di Naspi, il 90% della retribuzione e per i restanti 24 mesi il 70% del salario più un importo pari ai contributi volontari da versare.
Per gli operai che non raggiungono la pensione, l’incentivo sarà di 24 mensilità e comunque a non meno di 55.000 euro, a cui vanno aggiunti 20.000 euro nel caso in cui si risolva il rapporto di lavoro entro il 30 settembre. Per gli impiegati e i quadri che non raggiungono la pensione, l’incentivo scalerà in base all’età: per chi ha almeno 50 anni, 24 mensilità per un importo non inferiore a 55.000 euro; tra 45 e 49 anni, 18; tra 40 e 44 anni, 12 mensilità; chi ha meno di 40 anni, si riduce 6 mensilità.