Fino a 11 anni di carcere per chi mostra la bandiera LGBTQ+ ai Mondiali in Qatar

Mondiali Qatar diritti LGBTQ+ – Sventolare una bandiera arcobaleno durante la Coppa del Mondo in Qatar potrà essere punito con una pena compresa tra i sette e gli 11 anni…

Mondiali Qatar diritti LGBTQ+
(Photo credit LUCAS BARIOULET/AFP via Getty Images)

Mondiali Qatar diritti LGBTQ+ – Sventolare una bandiera arcobaleno durante la Coppa del Mondo in Qatar potrà essere punito con una pena compresa tra i sette e gli 11 anni di reclusione. Lo ha sancito il Comitato Supremo del Qatar.

Il portavoce della Coppa del Mondo del Qatar, Nasser Al-Khater, ha dichiarato: “Chiunque indosserà la bandiera nei prossimi Mondiali di calcio sarà arrestato per 7 o 11 anni”. Inoltre, ha ricordato che il Qatar è un Paese islamico e, quindi, la sua “religione, credenze e cultura” vanno rispettate.

In merito, Mansoor Al Ansari , segretario generale della Qatar Football Association, ha detto: “Se vuoi mostrare il tuo punto di vista sulla comunità LGBTQ+, fallo in una società dove è accettato”.

Solo pochi giorni fa, il Comitato Supremo del Qatar aveva annunciato che il sesso al di fuori del matrimonio sarebbe stato proibito durante i Mondiali del 2022. In un comunicato del Comitato Supremo del Qatar, riportato dal Daily Star, si legge che “il Qatar è un paese conservatore e le manifestazioni pubbliche di affetto sono disapprovate indipendentemente dall’orientamento sessuale”. La pena per un’avventura di una notte può arrivare fino a sette anni di reclusione.

Il quotidiano britannico cita una fonte della polizia che esprime la propria preoccupazione: “La cultura del bere e fare festa dopo la partita, che è normale nella maggior parte dei luoghi, è severamente vietata, con conseguenze molto severe e spaventose se si viene scoperti. Si ha la sensazione che questo potrebbe essere un brutto torneo per i fan”.

Al-Khater in merito ha detto: “La sicurezza di ogni tifoso è della massima importanza per noi. Ma le manifestazioni pubbliche di affetto sono disapprovate, non fa parte della nostra cultura e questo vale per tutti”.