Sono attese in questi giorni le firme che chiuderanno il capitolo “minoranze rilevanti” nel libro soci dell’Atalanta. Verrà così liquidata la Partecipazioni Radici dei fratelli Maurizio e Angelo, detentori del 5,32% dell’Atalanta Spa, ai quali – scrive Il Corriere di Bergamo – andranno circa 15 milioni di euro.
Con una valorizzazione leggermente inferiore dovrebbe, invece, venir liquidato il pacchetto azionario del 5,32% in capo a Roberto Selini in coabitazione con altri suoi quattro soci di cordata, imprenditori della zona di Grumello-Telgate. Le indiscrezioni indicano, rispetto alla quotazione dei Radici, un delta differenziale del 30% che ricalcherebbe la proposta avanzata inizialmente dai Percassi verso Selini, ovvero il patrimonio netto della società meno il 30%. In questo caso parliamo di circa 10,5-11 milioni di euro.
La questione dei soci di minoranza era riemersa con prepotenza all’indomani dell’annuncio della cessione del pacchetto di maggioranza dell’Atalanta a Pagliuca. Così Percassi, o più precisamente la Dea H, la holding che oggi controlla l’Atalanta, dovrà allargare i cordoni della borsa per oltre 25 milioni di euro, il prezzo da pagare per ottenere in ambito societario una maggioranza che superi abbondantemente il 90%, soglia necessaria per poter accedere ad un futuribile e riassetto societario delle varie partecipate.
Un esborso che in caso contrario non avrebbe senso e che chiarisce anche come il presunto interesse a rimanere nella compagine da parte di Selini e Radici altro non nascondesse se non un gioco al rialzo della valorizzazione partecipativa. Ci fosse stato un reale interesse a restare e a giocare un ruolo, forse sarebbero state intraprese altre iniziative che, attorno all’11% dei due principali azionisti di minoranza, avrebbero potuto coagulare anche il polverizzato azionariato restante.