Colbrelli come Eriksen: ma per correre ancora dovrà cambiare Stato e cittadinanza

Sonny Colbrelli è tornato ieri a casa dopo essere stato dimesso dall’ambulatorio cardiologico dell’Università di Padova, dov’era ricoverato da sabato scorso. Il corridore è stato sottoposto a valutazione clinica cardiovascolare…

Colbrelli malore ciclismo
(Foto: DAVID STOCKMAN/Belga/AFP via Getty Images)

Sonny Colbrelli è tornato ieri a casa dopo essere stato dimesso dall’ambulatorio cardiologico dell’Università di Padova, dov’era ricoverato da sabato scorso. Il corridore è stato sottoposto a valutazione clinica cardiovascolare coordinata dal prof. Domenico Corrado, direttore dell’Unità di Cardiomiopatia genetica e Cardiologia dello sport dell’Azienda ospedaliera-Università di Padova, centro italiano d’eccellenza per la diagnosi e il trattamento delle cardiopatie aritmogene. Lo ha comunicato la Bahrain-Victorium, il team al quale Colbrelli appartiene.

Il vincitore della Parigi-Roubaix dell’anno scorso, al termine della 1/a tappa del Giro di Catalogna, un paio di settimane fa, aveva subito un collasso subito dopo il traguardo. Sulla base dei risultati della valutazione clinica, d’accordo con lo staff medico del team, Colbrelli, giovedì scorso, ha subito un intervento di successo per l’impianto di defibrillatore sottocutaneo (ICD).

Il prof. Corrado ha dichiarato che “a Padova, l’atleta è stato sottoposto a una valutazione clinica, genetica e di imaging completa per identificare la causa dell’aritmia che ha portato all’arresto cardiaco e la terapia più appropriata. La decisione di impiantare un dispositivo salvavita è stata condivisa da Colbrelli che ha ricevuto un ICD sottocutaneo. Il dispositivo funziona per correggere il ritmo del cuore se è necessario in casi estremi”. Colbrelli, fa sapere la sua squadra, continuerà la riabilitazione a casa per garantire privacy e pace a lui e alla propria famiglia.

Il ritorno all’agonismo per Colbrelli, con le norme che ci sono adesso in Italia, è impossibile. «Ma non è il momento per emettere sentenze definitive», ha spiegato il dottor Corrado, direttore dell’Unità operativa delle cardiomiopatie genetiche e cardiologia dello sport all’Università di Padova e uno dei massimi esperti mondiali nello studio della fibrillazione ventricolare da cardiomiopatia aritmogena, come spiega la Gazzetta dello Sport. «In accordo alle linee guida internazionali, a un paziente che ha avuto un arresto cardiaco – ha aggiunto Corrado – va impiantato un defibrillatore definitivo. Non si tratta di una protesi necessaria per la sopravvivenza, ma di un dispositivo in grado di erogare uno shock elettrico salvavita in caso di necessità. Come per il calciatore Eriksen, la scelta è andata a un dispositivo sottocutaneo, che si preferisce impiantare quando il paziente è giovane, soprattutto per evitare il fenomeno del deterioramento con il tempo degli elettrodi intracardiaci. Il punto non è se il dispositivo è rimovibile o no, ma che sia continuamente operativo e garantisca un intervento salvavita in caso di recidive dell’aritmia. Anche se fai attività sportiva, il defibrillatore ti protegge, è sicuro».

«Cause? La causa è ancora in corso di valutazione. Quando una persona subisce un arresto cardiaco, va comunque protetta, dato che il rischio di una recidiva è in larga parte indipendente dalla causa e la possibilità di una recidiva è elevata. Ci vuole protezione. Per capire il perché sia successo, ci vuole tempi. Il processo diagnostico è lungo e necessita di test il cui risultato può richiedere mesi. Continuiamo a indagare e l’evoluzione nel tempo può aiutarci a capire. Ritorno a Eriksen: i medici danesi sono stati molto rigorosi e rispettosi della privacy, a tutt’ oggi non è stata resa nota la causa del suo arresto cardiaco».

«Tornare in gruppo? Negli Usa, e in molti Paesi europei, si sta facendo strada il concetto, basato sulla crescente evidenza scientifica, che il defibrillatore sia protettivo contro le aritmie pericolose anche per la vita dell’atleta e che si possa praticare attività agonistica anche con il dispositivo impiantato. Colbrelli è un campione internazionale il cui futuro sportivo va proiettato in un’Europa senza frontiere. Sarebbe giusto ragionare in questi termini. Eriksen è tornare a giocare a calcio, con il defibrillatore – conclude Corrado -. Nessuno può sentenziare che la carriera di Colbrelli sia finita, ma la cosa più importante è aver riguadagnato la salute e la serenità. Certo, in Italia ci sono delle norme che hanno impedito a Eriksen di continuare a giocare nell’Inter. Sonny ha bisogno più di tutto di un periodo di tranquillità. La vita è la cosa più importante».

In Italia, quindi, Colbrelli, nel caso in cui il dispositivo non venisse rimosso, non riceverebbe l’idoneità. Quali opzioni si aprono? Come spiegato dalla Gazzetta dello Sport, dovrebbe lasciare l’Italia e prendere un’altra cittadinanza: non basta la licenza sportiva o la residenza estera (come Nibali o Nizzolo che vivono in Svizzera), Colbrelli deve diventare cittadino di un altro Stato, andare a vivere là e avere un altro passaporto: uno Stato che sia più permissivo con chi porta un defibrillatore.