Massimo Ferrero era legittimamente a conoscenza dell’indagine che lo riguarda, poiché aveva ricevuto un avviso di garanzia. Ma nonostante questo – riporta Il Secolo XIX – sfidava gli inquirenti proseguendo in conversazioni e parlandone impunemente al telefono. È questa la sintesi delle carte depositate dal tribunale del riesame di Catanzaro nell’ambito dell’inchiesta sull’ormai ex patròn della Sampdoria, arrestato per bancarotta il 6 dicembre e ora ai domiciliari.
Ferrero è accusato di una serie di reati fallimentari nella gestione di quattro società (Ellemme, Blu Cinematografica, Blue Line e Maestrale) e oltre a lui sono coinvolte nell’indagine altre nove persone, cinque delle quali erano finite ai domiciliari nelle scorse settimane e tra loro Vanessa, figlia di Massimo.
Nonostante la concessione dei domiciliari, i Giudici sono stati duri con Ferrero, ritenendo che l’imprenditore «se non sottoposto a vincolo cautelare possa continuare ad avere contatti con i soggetti che, di volta in volta e gestendo le società a lui riconducibili, garantiscano la perpetrazione delle sue direttive e delle sue volontà».
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Poi, con riferimento alla creazione di un trust destinato a contenere e mettere in sicurezza l’intera partecipazione della Sport Spettacolo Holding: «Bisogna precisare che quanto asserito dalla difesa in ordine alla creazione del medesimo trust, non appare dirimente al fine di ritenere non più attuale il rischio di una recidiva. Non può infatti non essere rilevato che l’atto di costituzione (ancora del trust, ndr) richiamato dalla difesa di Ferrero risalga al 25 novembre 2020» e si è materializzato «solo dopo che gli era stato notificato l’avviso di proroga delle indagini».
«Tale emblematica circostanza temporale potrebbe anche indurre l’interprete a ritenere che il ricorso a tale strumento giuridico sia volto a pregiudicare le garanzie dei creditori sociali e non, viceversa, a soddisfare le loro pretese, potendo comportare ad esempio una sottrazione di risorse e beni societari dal soddisfacimento delle azioni creditorie», concludono i giudici.