Cottarelli: «Azionariato Inter? Servono anche investitori istituzionali»

In occasione della seconda giornata del Social Football Summit – evento in corso di svolgimento presso lo stadio Olimpico, a Roma – Luciano Mondellini, Senior Partner e direttore di Calcio e…

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In occasione della seconda giornata del Social Football Summit – evento in corso di svolgimento presso lo stadio Olimpico, a Roma – Luciano Mondellini, Senior Partner e direttore di Calcio e Finanza, ha intervistato Carlo Cottarelli, presidente di Interspac.

Interspac è una società nata da un gruppo di tifosi dell’Inter, che mira a promuovere l’azionariato popolare e diffuso. L’obiettivo della società è quello di entrare nel club nerazzurro con una quota di minoranza, obiettivo al quale sta lavorando con l’intenzione di presentare una proposta concreta con un piano di governance dettagliato entro fine novembre.

«Interspac è una società che promuove l’azionariato popolare, un numero elevato di tifosi che diventa proprietario della propria squadra. Si tratta di un modello non nuovo dato che Barcellona Bayern e Real – e in generale tutto il calcio tedesco – va in questa direzione», ha esordito Cottarelli.

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Tuttavia, la «differenza è netta con la nostra proposta, in quei casi le società sono nate come associazioni di tifosi. Introdurre questo modello partendo dal contesto italiano, in cui i club sono di proprietà di un imprenditore o di fondi, è ovviamente molto più complicato perché si tratta di trovare le risorse per entrare», ha sottolineato l’ex direttore del Fondo Monetario Internazionale.

Ma perché un tifoso dovrebbe investire in club che spesso chiude il bilancio in perdita? Cottarelli spiega che «l’azionariato popolare presenta tre vantaggi che dovrebbero migliorare il conto economico della società: dare una stabilità al capitale introdotto, perché il tifoso non cambia idea, resta per sempre; secondo vantaggio è che il capitale fornito dal tifoso non vuole essere remunerato, a differenza del fondo estero, così si risparmiano decine di milioni di spese in interessi; il terzo è che si crea un legame più forte tra i tifosi e la società, perché chi diventa proprietario ha anche più voglia di andare allo stadio. Pensiamo che questo possa portare più ricavi da matchday, sponsor e lato commerciale. Il tifoso ogni anno è contento di dare un piccolo contributo, ma moltiplicato per un numero importante di soci questo porta risorse».

Cottarelli torna anche sulle parole di Zhang, percepite come di “chiusura”: «E’ un progetto molto difficile. Quello che ha detto Zhang ha senso, stiamo lavorando con Deloitte per preparare un progetto che a tempo debito presenteremo alla società. Bisogna avere un business plan, ma le cose vanno un po’ più per le lunghe».

Non solo i tifosi però. Riferendosi al modello tedesco, come nel caso del Bayern, Cottarelli concorda che «sugli investitori istituzionali, mi sembra ovvio che un progetto così ne beneficerebbe. Quando parlo di azionariato popolare non parlo solo dei piccoli, ma anche dei medi o dei più grandi», ha spiegato.

E sul 75% in mano ai tifosi nel club bavarese ha aggiunto: «L’idea è di avere una quota molto elevata se questa cosa funziona. Per ora è un’idea, per concretizzarla ci vogliono le condizioni. Noi abbiamo fatto un questionario che ha raccolto molto successo, per ora siamo alle parole, poi se passeremo ai fatti vedremo. Abbiamo speso 4-5 mila euro per lanciare la campagna sui social, poco, credo che come numeri si possa arrivare molto più in alto ma serve anche la presenza di investitori medi, grandi e istituzionali».

Durante il panel è intervenuto anche Ivan Ortenzi, Chief Innovation Evangelist del gruppo di consulenza BIP: «Ci sono tre direttrici nella football industry – ha detto cercando di inquadrare i modelli di business nel calcio – :il capitale, con i grandi fondi di investiment; il brand, come nel caso della RedBull, cercando di distribuire il marchio in più sport; la passione dei tifosi verso la squadra, una cosa interessante perché è un modello che sta funzionando per qualche società anche media come il Verona».

E a proposito di appassionati, Cottarelli ha spiegato che «il potere del tifoso nel progetto è da definire, ma il modello duale del Bayern ci piace molto. Il board di sorveglianza definisce le linee generali tramite le quali viene gestito il club, il tifoso non vota per comprare Mbappè, ma indica la direzione generale. Rimane una distanza tra la visione a medio-lungo termine dei tifosi e l’attività quotidiana della società».

Cottarelli si è poi esposto sul tema del nuovo stadio di Milano: «Serve uno stadio moderno, che poi sia fatto con un nuovo impianto o sistemando il Meazza, sul tema sono neutrale. Un modello di azionariato popolare dovrebbe avere uno stadio più vicino a quello del Bayern che a quello della Juventus. Se è vero che creiamo un modello per puntare sulla fidelizzazione alla squadra, serve uno stadio adeguato».

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Del resto, i «ricavi per tifoso sono molto più elevati con l’azionariato popolare. Serve però un modello di governance trasparente che dia voce al tifoso, con chiarezza su quali siano benefit e le responsabilità del tifoso». Quel che è certo è che «l’idea è valida non per una squadra in particolare, ma per il calcio in generale. C’è un aspetto romantico, ma anche un aspetto di sostenibilità economica».

Sul punto concorda anche Ivan Ortenzi, per il quale è «naturale che in questo momento il business soffre, e un modello che porta stabilità sarebbe positivo. Ma quali sono le alternative? Il dibattito è aperto e serve riportare stabilità nel modello di business, se ci affidiamo solo a investitori e OTT il tema di governance passa da fare leva sulla passione a fare leva sul capitale».

In chiusura, Cottarelli ha detto la sua anche sul tema Superlega, con una risposta piuttosto netta: «La Superlega è un progetto di business, i tifosi l’hanno rigettata e quindi mi pare evidente che non funzioni. Potrebbe funzionare se i tifosi cambiassero idea, a me non piace».