Gianmarco Tamberi non è ancora sazio dopo l’oro conquistato ai Giochi Olimpici di Tokyo 2020. L’atleta si prepara alle finali della Wanda Diamond League, che potrebbero portargli in dote – in caso di successo – più 30 mila dollari.
«È la prima volta che gareggio al meeting di Zurigo e sono contentissimo del ritorno del pubblico. Il silenzio non fa per me, a Chorzow in Polonia, dove ho saltato 2.30, ho finalmente risentito voci e calore. Qui però devo vincere la gara e tra gli avversari più forti ho il bielorusso Maksim Nedasekau, bronzo olimpico. Festeggiare è bello, ma perdere è brutto, così quando nelle due prime gare post-Tokyo sono andato malino, mi sono detto che dovevo far qualcosa e riprendermi», ha esordito in un’intervista a La Repubblica.
A Zurigo, però, raddoppiare l’Oro non sarà possibile. «No. Meglio così, non dovrebbe mai toccare all’atleta decidere il pari-merito. Non è giusto, e se uno dei due non è d’accordo che si fa, si tira la monetina?», si è chiesto il saltatore.
Poi, su quanto accaduto a lui alle Olimpiadi, ha chiarito: «Quel gesto è stato il completamento di una vita, con Barshim ho condiviso i lunghi anni in pedana e gli infortuni. Io mi sono fatto male a Montecarlo il 15 luglio del 2016, a tre settimane dai Giochi di Rio, lui a luglio 2018, alla caviglia sinistra, quella di stacco. E io lì ho rivissuto il mio trauma, ma sono stato zitto, mi veniva solo da piangere perché lui non si rendeva conto di quello che avrebbe dovuto affrontare. Cosa vuoi dire ad un amico: passerai anni tristi e difficili, pieni di frustrazione e forse anche di depressione?».
«Mutaz Barshim, quando non volevo parlare con nessuno, dopo i tre nulli alla misura d’entrata a Parigi, nel meeting del 2017, è rimasto mezz’ ora a bussare alla mia stanza d’albergo finché non l’ho lasciato entrare. Vi rendete conto cosa significa attendere cinque anni e arrivare alla conquista di una finale olimpica con un amico che aspetta anche lui il primo oro? Sì, è stato Barshim a chiedere al giudice: possiamo vincere tutti e due? Poi mi ha guardato, come a dire: ci stai? Non c’è stato nemmeno bisogno della mia risposta. E chi ero io per rifiutare un oro all’Italia? Avessi detto no e l’avessi perso mi avrebbero sommerso di critiche: presuntuoso, superbo, egoista. È stata un’occasione unica di amicizia», ha aggiunto Tamberi.
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Tuttavia, l’atleta non vorrebbe più trovarsi in questa situazione: «No. Nel senso che dovrebbe decidere il regolamento, senza possibilità di accordo. A noi va il compito di saltare, e basta. Tokyo è stato un fatto eccezionale, ma ha fatto comodo a tutti, perché altrimenti la finale dei 100 metri sarebbe stata ritardata e alla programmazione televisiva non andava bene. Chi garantiva che io e Barshim non avremmo continuato a fare pari misure per ancora un’altra ora? E chi mi dice che magari il mio oro non abbia motivato Jacobs a pensare che anche lui ce la potesse fare?».