Germania-Francia all'Allianz: croce e delizia del Bayern

Analisi a cura di arch. LUCA FILIDEI

(Master PCGdIS)

Sostituire, nell’immaginario collettivo, lo storico Olympiastadion (Monaco di Baviera, 1972) progettato da Frei Otto, Behnisch &…

Analisi a cura di arch. LUCA FILIDEI

(Master PCGdIS)

Sostituire, nell’immaginario collettivo, lo storico Olympiastadion (Monaco di Baviera, 1972) progettato da Frei Otto, Behnisch & Partner e Carlo Weber, non rendeva l’operazione “Allianz Arena” facile sin dall’inizio. D’altra parte, l’impianto che ha ospitato le Olimpiadi 1972, il Mondiale 1974 e il Campionato Europeo di calcio 1988, rappresentava, fin dalla sua inaugurazione, la “casa” del Bayern Monaco e del Monaco 1860: celebri club cittadini che prima condividevano il Grünwalder Stadion (1911).

Tuttavia, i vertici delle due società in collaborazione con l’amministrazione di Monaco di Baviera, già nel 2001, avevano proposto un referendum relativo alla costruzione di una moderna infrastruttura sportiva. Con il 65,8% di voti a favore, si è così provveduto ad avviare un concorso di architettura, abbandonando l’idea, osteggiata dallo stesso architetto Günter Behnisch, di rinnovare l’Olympiastadion.

Tra le diverse proposte, ideate da progettisti come Peter Eisenman e Norman Foster, il vincitore si è rivelato il concept di Herzog & de Meuron, architetti dell’allora recente St. Jakob-Park (Basilea, 2001). Nasce così il moderno e ormai iconico design della nuova arena della città, casa di quel Bayern Monaco vincitore degli ultimi 9 Meisterschale (il Monaco 1860 dal 2017 è tornato a giocare al Grünwalder Stadion) e fortino della Die Mannschaft, la Nazionale di calcio della Germania: tuttavia, l’Allianz è stata anche la casa di quella che è stata probabilmente la più grande delusione della storia recente per i bavaresi, ovverosia la sconfitta nella finale di Champions League disputata davanti al proprio pubblico contro il Chelsea nella stagione 2011/12.

L’Allianz Arena, ampliando lo scenario antecedente alla sua costruzione, rispecchiava anche la volontà di organizzare al meglio il Campionato Mondiale di calcio 2006, utilizzando proprio il grande evento per rinnovare le infrastrutture sportive della Bundesliga. Prima dell’inizio della competizione, vengono infatti inaugurati, attraverso un’attenta programmazione, anche la Red Bull Arena (Lipsia, 2004) e la Veltins-Arena (Gelsenkirchen, 2001), restaurando integralmente o meno anche gli impianti storici inseriti nella rassegna, come il celebre Olympiastadion (Berlino, 1936) e il Signal Iduna Park (Dortmund, 1974).

Una strategia che ha condotto la massima competizione di calcio per club tedeschi a raggiungere le 39.946 presenze medie nella stagione 2006/2007, superando notevolmente i numeri della Serie A, stabilizzata a 19.177, nonostante la vittoria degli Azzurri al Mondiale.

Tale incremento, che ormai ha reso la Bundesliga il secondo campionato per livello di riempimento degli stadi (92,2%, inferiore solo alla Premier League), deriva però anche – e soprattutto – dalla qualità delle infrastrutture sportive, esemplificate proprio dall’Allianz Arena.

Localizzata in un’area periferica a nord-est di Monaco di Baviera, in un luogo che, prima della costruzione, poteva essere definito come “marginale”, l’architettura di Herzog & de Meuron si insedia, proprio per le caratteristiche del sito, in una location peri-urbana particolarmente critica. Il WWTP Good Großlappen, un impianto di depurazione delle acque reflue, era – ed è tuttora – collocato a sud dell’Allianz Arena, sottolineando la (quasi) estrema lontananza dal centro abitato più compatto.

Tuttavia, nonostante una collocazione di certo non facilmente “integrabile” con la comunità, gli architetti svizzeri hanno ideato un masterplan che tenta di instaurare un dialogo soprattutto con l’ambiente naturale, definito dal Fröttmaninger Berg, un vasto parco posizionato a est.

Quest’area, arricchita dalla singolare presenza dalla chiesa Heilig-Kreuz-Kirche (anche duplicata dall’artista Timm Ulrichs) e collegata al podio dell’Allianz Arena attraverso un ponte che oltrepassa la A9, è in realtà un sito ricco di storia, memoria della cittadina di Fröttmaning, la cui demolizione cominciò negli anni Cinquanta per consentire la costruzione del grande svincolo autostradale. Successivamente, alla fine degli anni Sessanta, i resti del villaggio furono sommersi dalla discarica di Monaco di Baviera, cancellando quasi completamente il genius loci del luogo.

Proprio per questo, la (delicata) scelta di inserire nella zona un’architettura come l’Allianz Arena, ha generato un cambiamento capace di conferire – o meglio ricordare – un significante passato, stabilendo una compensazione con il paesaggio. Il nuovo Fröttmaninger Berg, di certo valorizzato dallo stadio, è infatti l’opposto di ciò che è stato nella fase post-anni ’60, rappresentando, nella contemporaneità, un centro in cui trascorrere il tempo libero e praticare sport.

Del resto, tra le aree la cui bonifica è cominciata già nel 1973, è possibile seguire percorsi ideali per runners o bikers, oppure, nella stagione fredda, utilizzare il rilievo presente (in cui è situata una grande turbina eolica) per diverse discipline sportive invernali.

Come scritto in precedenza, l’Allianz Arena, in qualità di landmark assoluto, manifesta la potenzialità di rinnovare il paesaggio circostante, utilizzando la propria presenza e il design particolarmente iconico, per intensificare l’utilizzo di tali zone, promuovendo anche una connessione con alcuni contenuti agglomerati urbani collocati a est.

Una scelta che però non definisce le uniche qualità dell’impianto, caratterizzato da un’innovazione tecnologica che, nel 2005, ha costituito un notevole cambiamento, oltreché modello, nella progettazione delle infrastrutture sportive. A partire dalla piastra che contiene 9.800 posti auto: una strategia che consente di contenere il footprint del masterplan, evitando le classiche distese di asfalto che contraddistinguevano molti stadi delle generazioni precedenti.

Più nel dettaglio, lo stadio, che per Euro 2020 dovrebbe ospitare 14.500 spettatori (22% della capienza), è definito da una membrana composta da 2.784 pannelli di etilene tetrafluoroetilene (ETFE). Questi, che conferiscono il nome Schlauchboot (gommone), costituiscono i 66.500 mq di facciata e copertura, la più grande estensione al mondo, suddivisi per livello di trasparenza a seconda della loro posizione: traslucidi in facciata, trasparenti in copertura. Con una potenziale permeabilità ai raggi UV pari al 95% (ideale per gestire al meglio il terreno di gioco), i pannelli sono mantenuti ad una pressione di circa 0,035 bar e controllati tramite un sistema “domotico” in grado di regolare la stessa, evitando così l’insorgere di sovraccarichi dovuti, per esempio, ad abbondanti nevicate. Allo stesso tempo, la membrana definisce un’ottima superficie isolante e soprattutto “comunicativa”.

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Ciò è garantito dalla disposizione di un moderno sistema di illuminazione, aggiornato da Philips nel 2015 che testimonia la continua ricerca di innovazione di un impianto che, comunque, risale soltanto al 2005. Nello specifico, è stata applicata la tecnologia Philips ActiveSite, sostituendo le lampade fluorescenti con 300.000 luci LED collegate ad un software che garantisce alla facciata (ma anche alla sezione circolare interna dell’arena) una nuova dinamicità. Inoltre, tale “upgrade”, capace di produrre 16 milioni di colori, permette un risparmio energetico pari al 60% rispetto ai precedenti consumi, riducendo di 362 tonnellate il livello di CO2 emessa. Un traguardo che sottolinea l’attenzione, da parte della società che gestisce l’Allianz Arena, nei confronti della sostenibilità.

Del resto, il Bayern (membro dal 2015 del Bavarian Climate-Alliance), per il “sistema Arena”, è risultato il vincitore del Resuable Award 2019 promosso dalla European REUSE Conference: un premio che omaggia iniziative come l’attenta gestione dei rifiuti, finalizzata anche alla riduzione dell’uso di contenitori di plastica. Un trend sottolineato anche da Jürgen Muth, managing director dell’Allianz Arena, ambizioso nell’implementare tale aspetto che, nel 2019, si è ulteriormente arricchito attraverso un sistema fotovoltaico Goldbeck Solar da 834 kWp posizionato principalmente sull’Allianz Arena Gästeparkhaus (a nord dello stadio).

In tal modo, il Bayern definisce una modalità di pianificazione sempre votata al progresso (nel 2020 è stato avviato il 5G), stabilendo un modello anche rafforzato dall’impianto eolico situato nelle vicinanze. Infatti, oltre alla grande turbina localizzata all’interno del già citato Fröttmaninger Berg, nel 2020 è stata installato un secondo rotore a nord dell’Allianz Arena in grado di generare 3,5 MW e soddisfare il fabbisogno energetico di circa 2.800 famiglie.

Un traguardo, quest’ultimo, che rende l’impianto di Monaco non solo un iconico “oggetto” di design, ma anche un promotore di quello sviluppo (tecnologico, sostenibile, funzionale), ampiamente ricercato, che sembra aver trovato nella città bavarese il suo ambiente ideale.

Euro 2020, in questo senso, svolgendo il ruolo di “spot”, potrebbe rappresentare un’interessante opportunità per comunicare questo avanzamento, ricordando ad ogni Paese quanto sia importante aggiornare un’infrastruttura sportiva alle esigenze contemporanee, ma anche stabilire un’interazione con le preesistenze, magari rinnovando l’immagine di un’area periferica che può tornare ad illuminarsi.