Caos Palermo, è scontro tra il presidente Mirri e l'ex socio Di Piazza

Caos Palermo – Il futuro del Palermo è sempre più un’incognita dopo l’uscita di scena di Di Piazza. Il socio di minoranza, che detiene il 40% del club, ha deciso…

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Caos Palermo – Il futuro del Palermo è sempre più un’incognita dopo l’uscita di scena di Di Piazza. Il socio di minoranza, che detiene il 40% del club, ha deciso di far valere il diritto di recesso e il prossimo 11 giugno lascerà il club rosanero.

Come riporta il Giornale di Sicilia, alla base della sua decisione ci sarebbe la frattura insanabile con il presidente rosanero Mirri, creatasi sin dalla nascita con la questione sulle votazioni in assemblea che non prevedevano l’unanimità ma la votazione a maggioranza. Di Piazza ha riassunto in quattro punti fondamentali la rottura, spiegati nella sua lettera d’addio:

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  • il mancato rinnovo del contratto come direttore operativo di Gianluca Paparesta, figura di riferimento di Di Piazza all’interno della dirigenza;
  • la querelle sul capitale da versare: il socio di minoranza lo scorso 26 maggio propose a Mirri di versare interamente i 15 milioni di capitale. Proposta «respinta sul presupposto che non fosse allora necessario». Così, accusa Di Piazza, nel Palermo sono stati versati in totale circa 6,8 milioni e ora si va a caccia di capitale.
  • lo stipendio di Sagramola. Nelle prime settimane di vita della società è stato assegnato a Sagramola un compenso lordo annuo di 40 mila euro per l’attività di amministratore delegato e di 60 mila euro lordi come collaboratore. L’assemblea dei soci dello scorso 31luglio ha deliberato per il primo compenso un aumento a 141 mila euro lordi, contestato da Di Piazza poiché avrebbe generato un costo complessivo di circa 300 mila euro lordi.
  • Infine, il punto più critico probabilmente, il rapporto con Damir e Hera Hora, ovvero alla sussistenza di un’attività di direzione e coordinamento da parte di Damir Srl o Hera Hora Srl sul Palermo Fc, in quanto «soggetto interamente controllante».

Caos Palermo: la risposta di Mirri

La risposta di Mirri non si è fatta attendere. Il presidente rosanero ha inviato una pec all’ormai ex socio, imputandogli di aver arrecato «un grave nocumento alla società ed al suo valore», precisando come tutta questa situazione possa portare il club «a fare ogni riserva sui danni arrecati».

Il numero uno del club ha voluto rassicurare anche i tifosi: «Poco cambia rispetto al nostro percorso. Non ci saranno ripercussioni sulla disponibilità economica della società». E di questo Mirri è certo: «Il capitale è stato interamente sottoscritto e quindi non ci saranno ripercussioni sulla disponibilità economica della società nel rispetto degli impegni assunti e del budget triennale complessivo approvato a luglio del 2019».

Il Palermo va avanti nonostante la decisione di Di Piazza: «di abbandonare l’impresa in piena emergenza Covid, lasciandoci soli
(ovviamente fermi gli obblighi che tutti abbiamo già assunto) a portare avanti ciò che concretamente vogliamo realizzare. Io/noi non molliamo, non cerchiamo pretesti per fuggire»».

Caos Palermo: la questione potrebbe finire in tribunale

Il prossimo passo è la concretizzazione del recesso delle quote, entro 180 giorni dalla comunicazione ai soci. L’italoamericano, da statuto, avrà diritto «ad una somma di danaro che rappresenti il valore della quota alla data in cui viene comunicata la volontà di recedere».

Il pagamento di tale liquidazione deve essere effettuato entro sei mesi dallo scioglimento del rapporto e può avvenire in quattro modalità:

  1. acquisto delle quote da parte dell’altro socio (Mirri)
  2. acquisto delle quote da parte di un soggetto terzo individuato dai soci
  3. mediante l’utilizzo delle riserve
  4. riducendo il capitale sociale.

In quest’ultima ipotesi, parte dei 15 milioni di capitale previsto nel piano triennale andrebbe utilizzata per saldare la pendenza con Di Piazza, andando di fatto a ridurre le disponibilità della società. Per evitarlo, sarebbe necessario che qualcuno (Mirri o altri) acquisisse il 40% lasciato dall’ex vicepresidente. Se ciò non si verificherà, la questione potrebbe finire in tribunale.