Quello delle multi-proprietà è un tema di grande attualità nel mondo dello sport professionistico. Sul modello – che secondo molti addetti ai lavori potrebbe dominare la scena calcistica del futuro – KPMG Football Benchmark ha realizzato un approfondimento, individuando potenzialità e rischi.
L’ascesa di questo tipo di business model negli ultimi dieci anni è dovuta in particolare alla crescita fatta registrare dal calcio professionistico, che si è tradotta in un maggiore appeal in termini di ricavi commerciali e da diritti tv.
La diversificazione del portafoglio aziendale, la crescita del marchio, l’acquisizione di un’esposizione globale o l’ottimizzazione delle operazioni sono tra i vantaggi attesi che spingono gli imprenditori verso le multi-proprietà.
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Tuttavia, nonostante il potenziale di questo sistema, le sfide e i rischi sono molteplici: gestire club sotto varie giurisdizioni e ambienti aziendali, a volte in continenti diversi e con diverse aspettative dei tifosi, tra le altre cose. Pertanto, strutture di questo tipo richiedono una visione e una strategia chiare e dovrebbero essere implementate solo se allineate con lo scopo principale del proprietario.
La proprietà di più club è un modello di business alternativo e non dovrebbe essere considerato l’obiettivo finale di ogni club. Il modello ha chiari vantaggi, ma dovrebbe essere implementato solo se si tratta dell’approccio migliore per raggiungere gli obiettivi degli azionisti.
La domanda successiva è se esista un club di punta (è il caso del Manchester City nel City Football Group) o se ci siano club di pari livello in tutto il portafoglio. Inoltre, le strategie a livello di club dovrebbero chiarire e specificare gli obiettivi, i ruoli e le responsabilità dei singoli club, per prevenire una competizione controproducente all’interno del gruppo invece di favorire lo sfruttamento delle sinergie.
L’area in cui una multi-proptietà può sviluppare un vantaggio competitivo, rispetto ai singoli club, è quella delle prestazioni in campo e dello sviluppo dei calciatori. Alcuni proprietari di club, principalmente delle maggiori competizioni, stanno acquisendo club satellite in campionati più piccoli con l’obiettivo di garantire minutaggio ai loro giovani talenti, per riportarli indietro una volta “maturati”.
Tra gli esempi ci sono i proprietari del Leicester City, che controllano anche l’OH Leuven (massima divisione belga); o le squadre satellite dei club francesi AS Monaco e Lille, rispettivamente i club belgi del Cercle Brugge e del Royal Excel Mouscron.
Quest’ultimo accordo, siglato la scorsa estate, ha portato al trasferimento di oltre 10 giovani giocatori dal Lille al Mouscron. Il proprietario del club francese, l’uomo d’affari lussemburghese Gerard Lopez, si aspetta inoltre che l’academy del Mouscron crei giovani talenti locali da lanciare in seguito, non solo nel club di casa, ma anche nel Lille, o da rivendere ad altre società di alto livello.
Il portfolio di Red Bull presenta un approccio simile e copre ancora più livelli della piramide (incluso l’FC Liefering, un club austriaco di seconda divisione, visto come un club che alimenta il Red Bull Salisburgo e l’RB Lipsia), offrendo una sorta di scala ai giovani calciatori verso i più alti livelli del calcio.
Se la struttura comprende invece più club di pari livello, questi sono in grado di ridurre al minimo i rischi legati allo sport e di ottimizzare le prestazioni sul campo trasferendo o scambiando calciatori in posizioni specifiche in caso di infortuni o di mancanze nelle varie squadre. Ne sono un esempio il Watford e l’Udinese, entrambi di proprietà della famiglia Pozzo (oltre 50 trasferimenti tra i due club nell’ultimo decennio).
Oltre a migliorare le prestazioni sportive, le operazioni aziendali sincronizzate potrebbero produrre altri vantaggi. In primo luogo, la centralizzazione di alcune funzioni. Attraverso l’istituzione di funzioni di servizio totalmente o parzialmente centralizzate in determinate aree, come finanza, risorse umane o marketing, i club possono fare un passo verso l’efficienza dei costi anche condividendo i costi tra diversi club.
A proposito di marketing, un portafoglio di club può fornire accesso a vari mercati, aumentando il potere contrattuale dei proprietari. L’accordo del City Football Group con Puma, che copre cinque club in tutto il mondo, incluso il Manchester City, vale 650 milioni di sterline per 10 stagioni.
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Di questi, il 92% è legato alle squadre maschili e femminili dei Citizens. Altri club più piccoli del gruppo stanno tuttavia beneficiando dell’accordo stabilito a livello centrale, con fondi assegnati in modo proporzionale. D’altra parte, anche Puma ha ottenuto l’accesso ai mercati di quattro continenti.
Un discorso sulla visibilità, infine, si può costruire anche per quanto riguarda l’impero di Red Bull. Il produttore austriaco di bevande energetiche considera gli investimenti nel calcio uno strumento di marketing globale e i club si trovano appositamente in alcuni mercati chiave: Europa, Sud America e Nord America. Il branding, dai kit progettati per abbinare gli elementi visivi Red Bull alle comunicazioni integrate, è al centro di tutte le funzioni aziendali dei club all’interno del gruppo.