«Qui non siamo suoi tifosi, anche perchè quel gol di mano quattro anni dopo la guerra e le mine ci devastò tutti; però non lo consideriamo un nostro nemico, perchè parliamo di sport e qui amiamo il calcio e il talento».
Lisa Watson, direttrice di Penguin News, l’unico giornale delle Falkland, parla con l’agenzia Dire di Diego Armando Maradona. La testata ha oltre 40 anni di storia. Fu fondata nel 1979, prima che i generali della giunta di Buenos Aires ordinassero l’invasione dell’arcipelago dell’Atlantico australe, mille chilometri a largo del Sudamerica.
Le isole erano un possedimento coloniale britannico, rivendicate dall’Argentina come Malvinas. Da Londra la premier Margaret Thatcher rispose con le fregate e i bombardamenti: dopo la sua vittoria militare rimasero cimiteri e migliaia di mine.
«La bonifica di quelle della Baia di Yorke si è conclusa poche settimane fa e adesso finalmente sulla spiaggia ci sono solo i pinguini di Magellano. A distanza di decenni i rapporti con l’Argentina restano difficili, anche per un embargo economico che ci fa soffrire», ha spiegato.
A riscaldare i cuori, in un clima sub-polare, c’è però il calcio. «Qui siamo molto appassionati» assicura la direttrice, parlando delle partite che d’inverno vanno avanti indoor e della squadra della capitale Stanley ora in testa al campionato. Piccole storie al confronto di Maradona.
O di quella partita del 22 giugno 1986, quarti di finale dei Mondiali del Messico, vinta sull’Inghilterra dall’Argentina poi campione, proprio a quattro anni dalla fine della guerra. Nell’autobiografia “Yo Soy El Diego”, Maradona scrisse che con quel 2-1 era stato «come riprendersi parte delle Malvinas» dopo che «tanti ragazzi argentini erano stati “falciati come uccellini” dagli inglesi».
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«Se quella “Mano de Dios” fu davvero una vendetta per la sconfitta in guerra? Forse sì, certo fu un gol irregolare, che ci devastò. Chiamare Diego “nemico” però non potremmo mai: i nostri lettori non ce lo perdonerebbero», ha concluso Watson.