Come funziona la governance dei club spagnoli – La struttura societaria dei club spagnoli di calcio attuale ha la sua pietra miliare nella riforma del 1990 quando nel Paese iberico viene varata la cosiddetta Ley del deporte.
Sin dalla nascita del calcio in Spagna le società erano organizzate come associazioni sportive senza scopo di lucro. Ma sul finire degli anni ’80 ci si rese conto che molti club erano sull’orlo del fallimento. Di lì venne varata una riforma che permettesse una privatizzazione che ripianasse i debiti di tutte le squadre professionistiche.
Nel dettaglio, come spiega un articolo della rivista online L’ultimo uomo, la Ley del deporte stabiliva la possibilità del passaggio alla proprietà di privati in virtù di ad una nuova forma giuridica, denominata SAD (sociedad aútonoma deportiva). Nello stesso tempo si stabilì soltanto che chiunque volesse avere più del 25% del controllo di voto poteva farlo solo previa approvazione del Consejo Nacional de Deportes. Inoltre si decise che nessun singolo può avere un controllo di voto superiore al 5% di una squadra se già ne possiede uno al 5% in un’altra.
Come funziona la governance dei club spagnoli – Le eccezioni
La riforma varate nel 1990 entrò in vigore nel 1992 ma contestualmente si vollero per così dire premiare le squadre che potevano dimostrare di aver chiuso nei cinque anni precedenti la stagione ’92/’93 un bilancio non in rosso.
In virtù di quella eccezione quattro le squadre poterono mantenere lo status di associazione sportiva senza scopo di lucro: Athletic Bilbao, Barcellona, Real Madrid e l’Osasuna di Pamplona.
Il vantaggio di essere rimasta un’associazione sportiva senza scopo di lucro non è solo legato alla sicurezza per i tifosi-soci di avere sempre il controllo della società, ma anche la tassazione è inferiore a quella delle società autonome. Un aspetto che negli anni è stato oggetto di contendere anche a livello europeo soprattutto nei confronti di Barcellona e Real Madrid, perché la tassazione differente sarebbe considerabile concorrenza sleale o addirittura aiuti di stato.
Ancora oggi in queste quattro società si seguono i requisiti storici, come quello di dover pagare una quota sociale annuale (nel Barcellona nel 2019 era di 184 euro) per diventare soci, partecipando al controllo in modo diretto o indiretto agli aspetti organizzativi della squadra. Si può ad esempio votare nell’assemblea per eleggere il presidente nella votazione.
Soprattutto chiunque è socio può presentarsi come candidato alla presidenza con la sua giunta, che formerà il governo della società per i successivi quattro anni. C’è quindi una vera e propria campagna elettorale, con il candidato che si presenta (anche in tv) con un programma e vere e proprie promesse elettorali – sotto forma di acquisti di giocatori.
Come funziona la governance dei club spagnoli – L’esempio Florentino Perez
L’unica vera discriminante è il fatto che il candidato deve avere comunque alle spalle delle garanzie bancarie che possano coprire in parte gli eventuali prestiti che la squadra prenderebbe per far fronte alle promesse elettorali. Per esempio Florentino Pérez si è presentato alle elezioni del 2009 promettendo Cristiano Ronaldo come acquisto in caso di vittoria, con una garanzia bancaria alle spalle di 57 milioni.
Questa forma di governo ha garantito comunque l’impossibilità per Florentino Pérez di comprare la società e farne una sua proprietà personale. Pérez è quindi il presidente del Real Madrid perché presiede la giunta che governa la società, ma non possiede la proprietà della squadra ed è soggetto ogni quattro anni a nuove elezioni per rinnovare il mandato.
Il suo operato rimane sempre sotto il controllo dei soci. Ad esempio, come da statuto, un presidente può essere messo contro un voto di sfiducia e nel caso in cui venga sfiduciato si arriva fino alla convocazione di nuove elezioni straordinarie.