Il profilo del presidente di una federazione sportiva italiana, che emerge dalle 18 tornate elettorali già concluse nei due mesi scorsi e si delinea da quelle previste fino a marzo, ha 67 anni (non mancano gli over 80, latitano gli under 50), in pensione, non disdegna cariche accessorie (dallo scranno parlamentare a una carica internazionale) e colleziona benemerenze: stelle, collari, cavalierati e simili. Inoltre siede sulla sua poltrona da almeno 12 stagioni.
Paolo Barelli a settembre si è fatto rieleggere per la 6ª volta presidente della Federnuoto e la scorsa domenica della federazione europea. Sesta poltrona anche per l’81enne Chimenti nel golf, per Binaghi nel tennis, Scarzella nell’arco e Matteoli nella pesca sportiva.
Ma c’è chi fa meglio: Luciano Rossi eletto per l’ottava volta al tiro a volo e Sabatino Aracu che domenica lo eguaglierà nel pattinaggio a rotelle. Aracu è in carica dal lontano 1993 e presiede la federazione mondiale dal 2005.
Poche le federazioni con novità: l’atletica, dove il presidente Giomi non si ripresenterà per la terza volta; la scherma dove lascia il suo posto dopo 15 anni Giorgio Scarso e la carica va al 73enne Maffei. Incertezza nel ciclismo: dopo 15 anni Renato Di Rocco deve decidere se sfidare l’ olimpionico Silvio Martinello.
Il ministro dello Sport Vincenzo Spadafora sta provando con la legge di riforma dello sport a limitare a tre (con massimo due consecutivi) i mandati e a renderli incompatibili con le cariche pubbliche. Ma il problema, sottolineato dal Corriere della Sera, è che la normativa non delinea percorsi di formazione e di sostegno economico dei dirigenti del futuro, ma Spadafora continua a enfatizzare solo l’intento punitivo verso il Coni e i massimi dirigenti federali.