Il sogno di ogni investitore: non commettere mai un errore quando si investono i propri capitali. Un sogno, appunto, anche per i più ricchi, che spesso incappano in investimenti sbagliati, anche con grandi cifre. Succede pure ai calciatori: qualcuno è riuscito a far fruttare i propri incassi durante la carriera, altri invece hanno avuto difficoltà non di poco conto. E dire che i settori in cui investono i giocatori sono i più disparati, andando dal vino ai trapianti di capelli, passando per l’immancabile settore immobiliare o anche il mondo dello sport in generale.
“Istinto e impulsività possono condizionare fortemente la razionalità di un investitore limitando i risultati. A guidare le decisioni di investimento deve essere una strategia chiara, in modo da evitare che l’emotività o gli errori cognitivi possano influire eccessivamente sulle proprie scelte ed i risultati. Questo vale per i calciatori che dispongono di grandissimi capitali ma ancor di più per gli investitori comuni”. Spiega Vincenzo Cuscito, Senior Investment Consultant di Moneyfarm, premiata tra i migliori Gestori Patrimoniali 2020.
“La vera differenza, che si abbia un capitale milionario o di decine di migliaia di euro, può farla l’affidarsi a un consulente finanziario indipendente, che sappia guidare l’investitore verso il raggiungimento dei propri obiettivi, gestendo il rischio di conseguenza. Troppi ancora si fanno trascinare dall’euforia o si affidano a consigli di parenti e amici o, ancora peggio, di “sedicenti” esperti: comportamenti ancora molto diffusi come vediamo dagli esempi di calciatori e come ci capita di constatare parlando con i nostri clienti”.
Gli esempi di investimenti da parte dei calciatori, infatti, hanno goduto di varia fortuna. La galassia di Cristiano Ronaldo col brand CR7 parte dal Lussemburgo, dove ha sede la CRS Holding con cui il portoghese gestisce le sue attività extracampo. Su tutti gli hotel, con la catena Pestana CR7 Lifestyle (in joint venture con Pestana) che ha aperto due alberghi a Lisbona e a Madeira e punta a sbarcare a Marrakech, New York e Parigi, ma anche la lotta con una partecipazione nella holding che controlla l’UFC (la più importante organizzazione di arti marziali miste), l’alimentare con le carotine confezionate della 52-Fresh Unipessoal e il supporto alla lotta contro la caduta dei capelli con il 50% in una società con uno specialista portoghese.
Ha puntato sul mattone invece Zlatan Ibrahimovic, che ha diversi immobili di proprietà tra Stoccolma e Milano. Nel capoluogo lombardo, dove lo svedese è tornato a giocare vestendo la maglia del Milan, ha inoltre sede la Cirooo srl, holding costituita nel 2016 che ha come principale azionista proprio Ibra, insieme ad alcuni ex compagni al Psg come Verratti, Sirigu e Maxwell: l’investimento più corposo è quello nel fondo Carlyle (che si occupa di investire in società che si trovano in difficoltà finanziarie, con l’obiettivo di rilanciarle, in Nord America, in Europa e in Asia) per 8 milioni di dollari. Non sempre però allo svedese è andata bene, come nel caso della A-Z, linea di vestiti fallita nel 2018 con una perdita di circa 20 milioni di euro.
Difficoltà che ha affrontato anche Gianluigi Buffon nel suo investimento nella Zucchi, iniziato nel 2009: un affare che ha portato alla perdita di 20 milioni, tuttavia riuscendo a “salvare 1.200 famiglie che lavoravano per l’azienda”, le parole del portiere della Juventus nel 2016. Tra le altre partecipazioni della sua Gb Holding c’è il 50% della BT Diagnostic (noleggio di apparecchiature medicali ed elettromedicali terapeutiche e diagnostiche), oltre al settore immobiliare (compreso un hotel in Versilia) e in un’azienda vinicola.
Il vino in tal senso lo collega ad Andrea Pirlo, con cui ha condiviso tanti successi in nazionale e con la Juventus. L’ex centrocampista guida infatti la Agricola Pratum Coller, rilevata nel 2007 a Castel Mella (provincia di Brescia) e che ha l’obiettivo di produrre vino di qualità in maniera sostenibile. Oltre al classico investimento nell’immobiliare, Pirlo aveva anche una partecipazione nell’azienda di famiglia, il gruppo siderurgico ELG Steel al cui vertice c’era suo padre Luigi e che ha fatto richiesta di concordato nel 2016, mentre in passato l’ex regista aveva anche una quota tra i piccoli azionisti di Mediaset.
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Concluso il periodo da dirigente della Roma, invece, Francesco Totti ora guarda al ruolo da procuratore. Senza dimenticare tuttavia l suoi investimenti fuori dal campo con la holding Number Ten, evidente richiamo al suo storico numero 10. La galassia Totti è costituita da 7 società, con al centro le attività “connesse alla prestazione di servizi a favore e nell’interesse di personaggi dello spettacolo in genere, di atleti professionisti e dilettanti” come sfruttamento commerciale dell’immagine e marketing. Le altre società sono attive prevalentemente nel settore immobiliare, con la gestione anche di un centro sportivo ad Ostia dove è nata la Totti Soccer School, la sua scuola calcio.
Non tutti, però, hanno le possibilità economiche dei grandi campioni. Solo il 5% dei calciatori ha un conto in banca milionario una volta appese le scarpette al chiodo: diventa così difficile imitare i colleghi più famosi in termini di investimenti. Sbagliare un affare rischia infatti di essere ancora più pericoloso per chi non ha avuto ingaggi stratosferici durante la carriera e per questo ha le spalle meno coperte in caso di difficoltà.
“A 35 anni nel mondo del lavoro si ha un’esperienza tale per cui si possono occupare posizioni importanti. A 35 anni invece i calciatori non hanno alcuna esperienza, devono ripartire da zero e non è così semplice”, spiega a Calcio e Finanza Massimo Paganin, ex calciatore di Inter, Bologna e Vicenza e oggi co-responsabile del “Dipartimento Senior” dell’AIC. “In molti pensano di aprire delle attività per le quali tuttavia spesso non sono preparati, perché anche per gli imprenditori si tratta di una strada complessa. Avere grande disponibilità economica e pensare di poter fare l’imprenditore senza esperienza, magari anche mal consigliati, è un grosso pericolo per i calciatori: il rischio è che si crei un circolo vizioso, in cui l’investimento sbagliato porta ad erodere il capitale, cercando poi di ampliare nuovamente il proprio capitale con altri investimenti”, ha spiegato Paganin.